Due moto Honda di vecchia generazione, due facce da schiaffi, tanto asfalto, qualche sterrato e di nuovo loro: i Balcani. Una storia complessa, tra traghetti, montagne, laghi, mare e fini analisi psicologiche.
Questa è la prima puntata ma c’è un prologo…clicca qui per leggerlo
Cippo dice che io e lui viaggiamo bene insieme perché possiamo stare giorni senza parlare. In realtà ‘Cippo che non parla’ è uno scenario pseudo-fantascientifico che può avverarsi solo in tre situazioni ben codificate: quando mastica, quando beve, quando dorme. E sul quando mastica non è manco detto.
Comunque, in queste 21 ore di traghetto si è masticato a tutto spiano salamini, parmigiane, pecorini e spezzatini di vitello, si sono bevuti tre litri di rosso cantina Santori, si è dormito poco (ma male) nella nostra suite ricavata sotto un tavolino del ponte interno (intasato di materassini, teli, cuscini e brulicante di prole balcanica iperattiva). Naturalmente c’era anche lui, l’immancabile televisore 1000 pollici che di giorno viene tenuto a volume zero, ma la cui ferocia viene poi lasciata ruggire a piena potenza nel cuore della notte quando tendenzialmente tutti vorrebbero dormire. Uno dei grandi misteri delle traversate dell’Adriatico.
Queste febbrili attività (mangia, bevi, dormi) non hanno impedito al mio compagno di parlare sostanzialmente con chiunque gli capitasse a tiro, tanto che dopo tre ore scarse salutava gente su gente chiamandola per nome.
Scesi a terra la tappa è breve, giusto un’oretta e mezza di moto fino a El Basan, ma questo non è mica un travel blog classico, quindi chi se ne frega della tappa. Quello che conta è che dopo tre mesi siamo di nuovo al porto di Durazzo.
– Oh ma l’avresti mai detto che saremmo tornati qui così presto?
– Mmmh…Si.
E via in sella, con lui che saluta chiunque sbracciando che manco Calboni a Cortina. È proprio tutto come da programmi. Per ora.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!