Due moto Honda di vecchia generazione, due facce da schiaffi, tanto asfalto, qualche sterrato e di nuovo loro: i Balcani. Una storia complessa, tra traghetti, montagne, laghi, mare e fini analisi psicologiche.
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La discesa verso il fiordo di Kotor, sebbene stimolante e appagante dal punto di vista motociclistico, ci ha catapultato in un vero inferno fatto di tutto quello che eravamo abilmente riusciti a evitare fino a quel momento.
Traffico, turisti, rumore, traffico, musica di merda, traffico. La fuga verso l’acclamata Budvar è anche peggio: molto traffico, resort di lusso, ecomostri. Tanto che ancora prima di entrare nella Rimini del Montenegro ingaggiamo una poderosa inversione a U verso l’ignoto.
Disperati, troviamo la nostra razione di paradiso montenegrino a Bigovo, una baia spersa tra le campagne, dove i prezzi sono alle stelle ma almeno non c’è niente oltre a un molo, due ristoranti con personale glaciale e qualche affittacamere serbo. E un tramonto coi controcazzi.
Bigovo offre però un assaggio dell’ineguagliabile verve slava: manco Cippo, rinomato stalker dei Balcani, è riuscito a strappare uno straccio di conversazione. Niente di niente. Il Montenegro è un meraviglioso eden, davvero, ma è inequivocabilmente ex Jugoslavia.
L’albania, o meglio gli albanesi, proprio altra faccenda.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!