Alla fine il premio molestia non lo vince né la campana ortodossa, né l’Imam (vedi puntata precedente).
Lo vince il tizio presso cui alloggio: mi ha fatto trovare in camera un altro tizio che dorme di sasso, nonostante avessi prenotato una camera privata per ben 12 euri.
Almeno non russa, anzi potrebbe essere anche morto perché proprio è mummificato sul letto in posizione fetale. Non ha manco lo zaino, ha solo una busta di plastica di una catena italiana. Forse è una nuova categoria di viaggiatore, il bagpacker.
Roba da piantare qualche grana di rito col titolare comunque, ma l’omaccione in questione non spiccica mezza parola di inglese e come già detto il mio serbo croato conta cinque vocaboli. E poi la sua fisicità si basa su minacciosi angoli retti, con un pollice largo come il mio polso.
Tanto vale usare il mio cavallo di battaglia per fuggire verso la Serbia.
Motora!
E motora fu (il mastodonte capisce che deve aprire il garage).
Strada sempre immersa nel verde tra vallate e gole, consiglio ai motociclisti di riguardarsi la mappa dell’itinerario a inizio report perché vale la pena.
Addentrandomi in Serbia appare chiara una cosa: il turismo di massa qui non esiste. Non c’è anima viva a parte qualche contadino che ti taglia la strada col trattore, qualche bambino in cenci che gioca per le strade di un villaggio dal nome in cirillico illeggibile e una marea di bestie spappolate sull’asfalto. Cani, gatti, istrici. Ma soprattutto cani. Stanno dietro le curve, placidi, ad aspettare che qualcuno li falci. E li falciano eccome.
E quante buche. E benzinai. La madonna quanti benzinai, manco in USA.
Il parco nazionale di Golija è deserto: solo io e la Silver Slut, pochissime anche le moto.
Kopaonik, centro sciistico, giusto qualcuno.
Posti in realtà stupendi, immersi nella natura, isolati, silenziosi. Intrisi di quell’inconfondibile allure balcanico tra il dimesso e il tragico che a me anno dopo anno intrippa sempre di più.
Quindi mi viene da pensare che non è mica vero (come diciamo sempre) che agosto è un mese di merda per viaggiare perché è pieno di gente ovunque vai. È che magari scegliamo tutti sempre le stesse mete come dei babbei.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!