Cammino dei briganti: 4 giorni last-minute tra Lazio e Abruzzo

NOTA PRELIMINARE: il cammino è stato fatto a maggio 2023 e il report scritto subito dopo. Peccato che mi sia dimenticato di pubblicarlo. Ma oggi, in procinto di lanciarmi in un cammino ben più lungo (seguiranno dettagli a breve… forse) realizzo che sì… il report era stato scritto e tutto sommato è un bel souvenir. Quindi?
Quindi lo publico adesso, senza manco rileggerlo.

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Dovevo andarmene in Marocco in moto ma niente, un imprevisto ha mandato tutto a monte. Non mi sono perso d’animo e ho virato sul porto sicuro che culla i sonni di ogni motociclista della costa adriatica: i Balcani. Ma niente, altro imprevisto. E allora anziché partire per l’ennesima volta da solo in sella alla moto col morale incrinato, ho convinto il fido Marco Lucioli (gran maestro di polemiche e concentrato di abitudinarietà) a fare il Cammino dei Briganti tra Lazio e Abruzzo in 4 giorni.

Lui, fedele alla sua natura, ha sbraitato un pò perchè come detto:
1) è polemico
2) è abitudinario e guarda caso aveva già programmato di farsi per la quinta volta il Grande Anello dei Sibillini

Alla fine però, messo di fronte a una logistica improvvisata quanto impeccabile, il Lucioli non ha saputo dire di no.

Quello che segue è il resoconto di questi intensi 4 giorni, con tappe rimaneggiate in base ai pernotti che ho potuto racimolare per miracolo all’ultimo minuto. Un totale di circa 80 km a zonzo nella Marsica tra colline, boschi, vallate fiorite, personaggi pittoreschi, mattinate soleggiate, pomeriggi piovosi, pietanze della tradizione e fango. Tanto fango. Troppo.

Ah, per tamponare la mancanza cronica di foto, c’è un video:



Giorno #1

Sante Marie – Villerose (24 km)
Partiamo alle 5.40 da Osimo Stazione, alle 8.20 siamo già all’imbocco del Cammino dei Briganti. Appena scesi dall’auto raccattiamo un piccolo volatile stordito, inghiandito sul ciottolato di una viuzza di Sante Marie. Lo posizioniamo delicatamente sopra il tetto della Jeep del Lucioli, consapevoli che al 99% verrà divorato dal primo gatto di passaggio (che sicuramente starà già osservando la dinamica leccandosi i baffi). Il Lucioli gli affibbia l’originalissimo nome di ‘Brigante’, tra le mie più che ragionevoli rimostranze (e fortuna che lavora nel campo della creatività).

La sgambata parte subito all’insegna della melma più viscida: ha piovuto e pioverà ancora, 3B meteo lascia poco spazio a dubbi. Saliamo fino a Santo Stefano dove incrociamo i primi (saranno pochissimi) escursionisti. Ancora fango, sempre di più, fino a Val de Varri dove Maria della Proloco ci serve la genziana prodotta in casa dal marito. Gentile offerta di Jacopo il riminese che sta facendo il suo cammino con l’amico di Porto San Giorgio. Il sole c’è ancora e scotta, ma sappiamo che la sabbia dentro la clessidra scorre impietosa: tra massimo due, tre ore il cielo ci rovescerà addosso litri e litri d’acqua.

‘Ehhh oggi ve tocca!’, sentenzia Maria armeggiando coi resti mentre fuori le comari di paese confabulano in uno slang indecifrabile.

E allora via verso Nesce, dove sbuca fuori Franca che ci chiede se siamo noi i suoi ospiti. No, magari Franca, noi andiamo a Villerose a prendere qualche secchiata d’acqua.

Come da pronostico ci infiliamo dentro la vallata tra tuoni, fulmini e saette entrando a Villerose bagnati fino al midollo, con la netta sensazione di avere due zattere al posto delle scarpe e un acquario dentro le mutande. Ma la fortuna arride agli audaci: nel nostro ricovero notturno c’è un camino che noi mettiamo subito a frutto apparecchiandoci intorno scarponi, solette, poncho, calzoni e calzini.

Divoriamo a quattro ganasce la cena portataci a domicilio dai gestori del B&B e aspettiamo che fuori i grilli prendano il posto degli uccelli: è il segnale che la giornata è conclusa. Il cadavere del Lucioli stravacca a bocca aperta sul divano (vedi contributo video), mentre in sottofondo furoreggia un servizio d’epoca sul ventennio fascista. Un accostamento a suo modo carico di drammaticità.


Giorno #2

Villerose – Rosciolo (20 km)
Dai che oggi è più corta! Più che altro anche oggi lo scopo è vincere la solita corsa contro il tempo, o meglio contro il meteo. Perché anche oggi è sicuro al 100% che pioverà, diciamo verso le 15. Lo schema è impietoso nella sua meccanica riproposizione: si parte col sole, primo pomeriggio acquazzone per un paio d’ore, poi di nuovo sereno. Dicono che fa così da una settimana e niente lascia presagire che oggi sarà diverso.

La prima parte è davvero tragica, con tratturi completamente invasi dal fango. Un passo sbagliato e affondi divorato dalle sabbie mobili. E troppi ne sbagli. Tra mille bestemmie tiriamo avanti fino a Cartore, dove ci concediamo una pausa pranzo. Da qui si parte per l’anello del lago della Duchessa (che salteremo per motivi di tempo) o si prosegue verso Rosciolo, dove ho preso accordi con ‘Babbo Pino’ per due posti letto. Pino è un appassionato di cammini che offre ospitalità a Rosciolo, un simpatico morphing tra un giocatore di rugby in pensione, un harleysta e Babbo Natale. Nativo di qui, ha vissuto per tanti anni a Monte Rotondo, per poi tornare a Rosciolo dove bazzicano anche mamma e zia ultra novantenne.

Cammino dei briganti: 4 giorni last-minute tra Lazio e Abruzzo

Prima di Rosciolo c’è però da salire, salire, salire e poi svalicare per arrivare a Santa Maria in Porclaneta, una chiesa che si è rivelata assolutamente da vedere, ma anche assolutamente chiusa: il custode (Michele, un curioso esemplare di marsicano con profilo mussoliniano e parlata minimalista) arriva solo se gli telefoni (e noi naturalmente non lo abbiamo fatto).

santa ma

Sono le 15, inizia a tuonare e piovere, ci fermiamo sotto l’arco di ingresso sbarrato da un grosso portone in ferro. Fatalità vuole che arrivi una coppietta che aveva preventivamente chiamato l’affabilissimo custode. Poco dopo eccolo apparire a bordo della sua utilitaria grigia, in tutta la sua amicalità chiede chi ha telefonato: sembra che per lui sia importantissimo sapere ‘chi’ ha effettivamente digitato quel numero. Ad ogni modo siamo dentro, mentre fuori (s)piove. Cosa vuoi di più.

Asciuttissimi eccoci in piazzetta a Rosciolo, dove incontriamo altri camminatori che Babbo Pino smista con fare da croupier consumato nei vari posti letto. Ci riuniamo per cena nell’osteria della piazza, dove ingraniamo la modalità ‘senza dignità’ ordinando antipasti, primi e secondi con gran chiusura di amari. Tanto domani sono solo 26 km…

 

Giorno #3
Rosciolo – Scanzano (26 km via Sorbo)
Ore 7.30 appuntamento al bar della piazzetta di Rosciolo per la colazione. Da qui poi si prosegue ognuno per la sua. Io e il Lucioli tanto per complicarci la giornata decidiamo di prendere la variante che passa in quota attraverso un paesaggio quasi alpino trapuntato di pini. Faticoso e caldo, ma abbiamo fatto di peggio. Svalichiamo per ridiscendere su Sorbo, un paesello come sempre isolato e deserto dove però un gentilissimo esemplare di maschio marsicano in tenuta mimetica ci dona delle fave appena colte. Fave che noi (non avendo del pecorino dietro) sgranocchiamo accompagnate a del parmigiano in stick.

Fa caldo, ma il morale è alto. Pioverà? Certo che pioverà, come sempre primo nel pomeriggio per poi smettere verso sera. E allora ci portiamo avanti fino a San Donato, dove in effetti arriviamo imbacuccati nei poncho perchè il cielo eccolo che la manda. Non come il primo giorno, ma comunque la manda.

Qui è tutto chiuso, ci sono solo dei loschi figuri vestiti di nero che bazzicano attorno al bar della Proloco chiedendo se e quando aprirà.

Lucioli: ‘Guardali… quella è gente strana, pare una setta. Saranno testimoni Geova o qualcosa di simile.’
Io: ‘Che si fottano, non ci avranno.’
Lucioli: ‘Ho una brutta notizia… ne stanno arrivando altri…’
Io: ‘Non me ne frega, io il caffè al bar della Proloco me lo prendo, costi quel che costi.’

Poi la Proloco apre: ci siamo solo noi e i tizi in nero che nel frattempo sono arrivati a una ventina. Alla fine arriva altra umanità variegata e si scopre che oggi c’è la festa del patrono e che quella è la banda, non una setta come le nostre menti provinciali e paranoiche avevano ipotizzato. Piove, tanto vale mettersi a bere e socializzare, tra la meglio gioventù di San Donato che gioca a morra urlando come lottatori di sumo (assumo che un lottatore di sumo urli mentre sfrega la propria ciccia contro altra ciccia) e baristi che ci consigliano vie alternative per arrivare a Scanzano.

Menzione d’onore a Giancarlo (o Gianfranco), bevitore seriale di shottini dallo sguardo un pò perso, che uscendo dal paese abbiamo ritrovato a camminare su un tetto col culo mezzo di fuori, intento ad armeggiare col suo fare confuso sulla canna fumaria di un compaesano (stimiamo che l’avrà assoldato per l’ingrato compito al costo di due genziane).

Come sempre smette di piovere, ormai governiamo alla grande lo schema meteo (non che ci volesse molto). Guadagniamo le porte di Scanzano seguendo una via alternativa che ci fa risparmiare qualche dislivello che con ogni probabilità sarebbe risultato troppo viscido e scivoloso. Prendiamo posto al nostro B&B e ordiniamo la cena all’unico alimentari del paese, convinti che ce lo porti in casa all’ora convenuta. Dopo mezz’ora realizziamo che la convinzione è errata e che come sempre non avevamo capito una mazza… non so come ci riusciamo, ma ci riusciamo sempre.

Cammino dei briganti: 4 giorni last-minute tra Lazio e Abruzzo

 

Giorno #4
Scanzano – Sante Marie (10 km)

Oggi è una pacchia: Eleonora del B&B ci porterà la colazione alle 9, partiremo con calma per questi ultimi 10 chilometri, ci faremo uno spuntino a Sante Marie chiudendo il giro in un paio d’ore e per le 17 saremo a casa sotto la doccia. Marilena dell’alimentari ci aveva messo in guardia: ‘Troverete tanto fango, ci metterete tre o quattro ore!’

Ma noi non ci scomponiamo partiamo che sono quasi le 10 con tutta la calma del mondo. Incontriamo Alessandro, un romano conosciuto a Rosciolo che dopo alcune peripezie dovute alla sua ernia inguinale è riuscito a far quadrare in qualche modo il suo itinerario.

Forse è il momento di parlare del ‘salvacondotto’, una trovata degli ideatori del cammino che io e il Lucioli abbiamo involontariamente snobbato. In pratica prima di iniziare il cammino passi all’Ufficio Salvacondotti in piazza, ti fai dare un foglio su cui tappa dopo tappa verrà vergato un timbro a testimonianza del tuo passaggio. Tornato a Sante Marie ripassi all’Ufficio per avere il tuo attestato di ‘Brigante’ sulla scorta dei timbri raccattati, con tanto di numero progressivo. Noi non avevamo niente da farci timbrare, e tappa dopo tappa la meraviglia con retrogusto di delusione dei timbratori era piuttosto palpabile.

‘Aspettate che vi timbro…’
‘Che ci timbri?’
‘Il salvacondotto no?’
‘No, no, non abbiamo niente’
‘Ma come??? Tutti lo vogliono!’

A nostra discolpa declamerò quanto segue:

‘a noi è sembrata una contaddizione in termini il fatto che un brigante – per definizione dedito alla latitanza e alla clandestinità – debba farsi schedare con tanto di foto segnaletica e numero progressivo’.

perchè ammettere che non avevamo capito manco stavolta la solita emerita fava mi sembra davvero troppo.

Alla prossima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Daniele ERMES Galassi

Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!

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