Per quello che cerco io Cartagena de Indias non è esattamente una destinazione appetibile, e infatti non era manco nell’itinerario.
Ma dovendo prendere un volo per Medellin e essendo assolutamente risoluto a non rimanere mezzo secondo più del dovuto a Santa Marta, questa cittadella affacciata sul Mar dei Caraibi è saltata in pole tra le opzioni per un meritato giorno di decompressione.
Scelta azzeccata: la città vecchia è un labirinto di strade e stradine con case tinte dei colori più vivaci, graffiti, balconate, palazzi stile coloniale tra l’elegante e lo sfarzoso, con un’offerta di servizi (costosissimi) che dopo quattro giorni di giungla pare di stare in paradiso.
Tutto questo finché si rimane confinati nelle poderose mura che proteggevano Cartagena dagli assalti dei pirati. Fuori della zona vecchia il caos, un milione di persone infognato del proprio inferno personale come sempre fatto di rumore e traffico sudamericano.
Il modo migliore per godersi il dedalo multicolore (e naturalmente iper turistico) della zona vecchia è girare a caso col preciso intento di perdersi, e una volta tanto combacia con la mia consueta routine di esplorazione urbana.
Giusto uno shampo e una disperata districata ai capelli ormai prossimi a un ammasso di dreadlock irregolari e via, a passeggiare in infradito (finalmente!) aspettando che questo spietato sole caraibico mi faccia da phon (asciugatura perfetta in cinque minuti netti).
Un salto al museo della Santa Inquisizione per rimanere allegri (dove vengo però divorato da zanzare invisibili) e poi dolce fare niente: espresso finalmente decenti, pranzetto di pesce, birrette, vinello cileno e poi un’altra sgranchitina per le mura perimetrali.
Bene, adesso è tempo di affrontare un po’ di caos fuori dalle mura perimetrali per arrivare all’aeroporto, destinazione finale Medellin. Orario d’arrivo previsto: verso mezzanotte.
Non proprio l’ideale lo so. Ma si fa quel che si può.





Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!