A Salento, nel cuore dell’Eje Cafetero, tutto fa rima con cultura Paisa, dalle finca che producono tonnellate di caffè al giorno, alle tamarrissime Jeep Willy che ti scarrozzano da un posto all’altro, passando per l’abbigliamento da cowboy e la colonna sonora folk che più folk non si può, finalmente niente a che vedere con quella mondezza di raggaeton o bachada che sembra infestare ogni angolo della Colombia.
Purtroppo però qui a Salento il meteo ha insistito per dire la sua.
Ha detto NO quando sono arrivato la sera nel pueblo, accogliendomi con pioggerellina fina e fastidiosa. Poco male, se non fosse che l’ostello in cui alloggiavo era un garage con un’umidità che mi sento ancora nelle ossa, dove nessun vestito si sarebbe mai e poi mai potuto asciugare.
Ha detto sempre NO quando il giorno dopo ho inforcato una bicicletta per una downhill, trasformatasi come sempre in una Coppa Cobram a base di pioggia, nebbia e fango. Attività che in combo con l’ostello-garage a umidità 100% mi ha regalato una tosse niente male.
Poi il meteo ha detto ASSOLUTAMENTE NO, quando ho cercato di organizzare l’ascensione al parco Los Nevados, che nei miei piani sarebbe dovuta durare tre giorni toccando i 4500 metri. E questo è stato un diniego che m’ha fatto scomodare più di un santo.
A quel punto ho ridotto le mie velleità restringendo sul trekking della Valle del Cocora, che fatemelo dire, è un eden. Un verde avvolgente, quelle palme alte 60 metri che dai campi convertiti a pascolo esplodono verso il cielo, coi cavalli che corrono (apparentemente) liberi guadando fiumi e torrenti tutto intorno. Scorci duri da dimenticare, e io non sono uno che si entusiasma facilmente.
Qui alla Valle del Cocora alla partenza il meteo diceva FORSE, ragion per la quale io m’ero messo in ghingheri con antipioggia e stivali di gomma, pronto a un altro NO di quelli categorici che invece non c’è stato. Consiglio: partite all’alba con la prima Jeep Willy da Salento e fate il giro in senso antiorario (ve la cavate in 5-7 ore a seconda del passo e delle pause).
Oh, per onore di cronaca il meteo non ha detto sempre NO.
Ha detto SI quando mi sono messo a giocare a Tejo, un assurdo gioco locale dove bisogna lanciare un peso cercando di colpire un bersaglio ricavato in un riquadro di argilla, una specie di bocce da spiaggia che più che altro è una scusa per sbronzarsi. Mi è parso di essere portato per il Tejo, almeno così diceva tale Shankara che mi ha offerto la partita e che voleva regalarmi pure dieci grammi di maria perché con tre euro gliene avevano data un quintale e lui non sapeva che farsene. Solo che il Tejo si gioca al chiuso, quindi quel SI del meteo lasciava un po’ di amaro in bocca.
Poi c’è stato quel SI splendido, raggiante, praticamente un sorriso a 32 denti, con la strepitosa valle accesa di verde e le cime de Los Nevados svettanti su un cielo blu elettrico nella luce del primissimo mattino. Un SI che però ho visto da dietro un finestrino perché a malincuore stavo levando le tende.
Avevo capito male, non è che il meteo mi sorrideva, mi sa che mi prendeva proprio per il culo.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!