Nelle zone attorno a Popayan, non troppo distante dal confine con l’Ecuador, sono rinvenibili evidentissime tracce di civiltà precolombiane. Ho passato qualche giorno tra i siti archeologici di Tierradentro e S. Augustin, arrivando alla conclusione che che sostanzialmente di questa gente vissuta migliaia di anni fa non ne sappiamo una mazza.
Arrivare da queste parti partendo da Salento è stato un parto di un’intera giornata, tra passi di montagna oltre i 3000 metri, autobus bofonchianti e passaggi in moto taxi su strade sterrate, ma qui la Colombia mi ha mostrato un volto diversissimo da quello iperturistico della costa caraibica o dell’Efe Cafetero.
San Augustin è una vera e propria città che sorge in una vallata verdissima solcata dal Rio Magdalena e i suoi dintorni solitamente visitati a cavallo e con escursioni organizzate in jeep.
Il piatto forte qui sono tante statue antropomorfe sparse qua e là, alcune delle quali ricordano personaggi dei cartoni animati. Ma anche illustri politici della Prima Repubblica, tipo questa che pare indiscutibilmente l’On. Giulio Andreotti:
Dai è lui.
Giusto qualche altro scatto perché la zona e le statue non sono niente male.
A Tierradentro ci si può lanciare alla scoperta di camere mortuarie sotterranee in cui è possibile calarsi (si rischia a volte l’osso del collo – vedi foto), girovagando per un ambiente collinare sfavillante praticamente in totale e beata solitudine.
Non c’è nulla quassù, giusto un paesello minuscolo con strade in terra battuta chiamato S. Andrea de Pisimbalà e il museo archeologico un paio di chilometri più a valle con intorno qualche posto per dormire e sgranocchiare qualcosa. Nient’altro.
Il trekking per visitare le tombe parte dal museo, è lungo 14 km e abbastanza faticoso, con un certo dislivello, spesso esposto al sole, ma assolutamente meritevole. Ad aggravare il dispendio di energie c’è il continuo scendere e salire per scale a chiocciola e scalinate, sempre molto irregolari e sempre senza protezioni.
Però guardate qua: non è sfizioso?
Tra i due ho preferito sicuramente Tierradentro: più remoto e isolato, più avventuroso e più affascinante. Ma visto che non c’era modo di sapere con certezza granché circa queste civiltà, giusto una manciata di ipotesi e interpretazioni più o meno arbitrarie, mi sono prodigato a svelare almeno un altro grande mistero: quello del saluto in Colombia.
Sì perché quando sfoggi un buenos dias facile che qualcuno ti risponda buenas tardes. Quando dopo poco ne incontri un altro allora dici buenas tardes, ma può essere che ti becchi un buenas noches.
Mistero fitto, fittissimo, peggio delle tombe e delle statue per quanto mi riguarda. Alla fine, all’ennesimo buenos dias che raccoglieva un buenas tardes, una guardia del parco archeologico di San Augustin che mi vedeva perplesso e avvilito si è presa la briga di svelare l’arcano.
Ed ecco la soluzione.
Buenos dias va detto fino a mezzogiorno, non un minuto di più. Buenas tardes da mezzogiorno alle 19, guai a sforare. Dopo di che devi dire buenas noches, ma solo ed esclusivamente fino a mezzanotte…dopodichè è di nuovo buenos dias.
Saranno sudamericani, faranno tutto un po’ a cazzo, avranno le tazze del water troppo piccole, le docce a getto scarso e intermittente che ti fanno tribolare, i lavandini coi rubinetti troppo corti che quando ti chini per lavarti i denti lasci gli incisivi sulla ceramica…ma sulle leggi che governano il saluto i colombiani si sono rivelati inflessibili, rigorosi e assolutamente svizzeri. E guai a sgarrare.
Comunque se siete in dubbio, c’è un trucchetto: dite semplicemente buenaaas allungando con qualche ‘a’ senza specificare altro. L’ho scoperto tardi, ma funziona sempre.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!