Non credo di essermi mai divertito così tanto in un posto mentre lo visito così sfacciatamente a cazzo di cane.
Giusto per capirsi, il classico percorso turistico della Cappadocia prevederebbe un circuito asfaltato approssimativamente a forma di triangolo, 49km in tutto.
Ma se avessimo tracciato col GPS il nostro, ne sarebbe uscito uno scarabocchio informe. O al limite, appunto, a forma di membro canino.
Tutte le mappe e i tracciati preparati a casa sono saltati miseramente una volta in sella, col risultato sfavillante che ci siamo ritrovati in valli deserte, con view point solo per noi. Nessuno, ma proprio nessuno, nel raggio di chilometri.
Che posto pazzesco. La Cappadocia la definirei un incrocio mistico tra il Southwest degli Stati Uniti e Matera.
Le formazioni rocciose scolpite dagli elementi fanno tanto Utah e Arizona, solo virate dal rosso all’ocra.
Le costruzioni dell’uomo ottenute per sottrazione dalla roccia mi ricordano Matera. Il fatto che dentro ci si trovino delle chiese e non dei lussuriosi postriboli aggiunge la componente mistica.
La cattiva notizia è che se ci si limita all’asfalto è tutto intasato da pullman di turisti e si finisce invariabilmente circondati da cinesi sovraeccitati e chiassosi.
Quella buona è che se avete la voglia e il tempo di farvi 18 ore di traghetto + 2000 km per arrivare fin qui con una moto da enduro, anche se siete delle schiappe da off road (quali noi siamo) vi divertirete come al luna park.
Basterà saper rinunciare se qualche passaggio su roccia sembra fuori portata e stare attenti agli accumoli di sabbia bastardi.
Comunque in Cappadocia si cammina, anche. Volendo si può camminare fino a crepare. E tanto per non farci mancare niente, tra uno sterratino e l’altro abbiamo ben pensato di infilarci un mini trekking di una decina di chilometri nella Valle Rosa (o Rossa, non abbiamo mica ben capito).
Chilometri percorsi sotto il sole feroce dell’ora di pranzo, e attenzione, con pantaloni e stivali da moto. Il termometro dell’Africa Twin segnava un altezzoso 44, che fatta la tara saranno stati un buon 36 gradi reali.
Prosciugati di ogni sale minerale, siamo riusciti nell’impossibile impresa di pagare due mezze aranciate 9 euro presso un venditore piazzatosi sopra l’ingresso della Valle dell’Amore. Se non altro lo spregiudicato aguzzino dopo averci turlupinato ci ha fornito dettagli importanti circa un altro sterratino che si è rivelato oltremodo appagante.
A proposito di Valle dell’Amore: Struso dice che il nome potrebbe derivare da quelle rocce laggiù, quelle a forma di cuore.
Mah, secondo me sono più quelle formazioni rocciose che evocano prepotentemente dei cazzi.
E dai su, non può essere altrimenti.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!