Tre amici che si conoscono dall’asilo a caccia di aurore boreali a bordo di un 4×4 tra poderose tempeste di neve, ghiacci eterni e affettati misti.
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Quadro comportamentale del giorno 5: mi ritrovo da una parte un Franco gaiamente regredito a fase preadolescenziale caratterizzata da spiccata ipercinesi associata a scatto digitale compulsivo, dall’altra un Thristo placidamente proiettato verso una senilità precoce che l’ha spinto a dimenticarsi di riconsegnare dapprima le chiavi del bungalow di Selfoss, poi quelle dell’hotel di Reykjavik. Il suo giubbetto ora contiene ben due mazzi di chiavi in più di quando è partito, e uno ha un portachiavi tipo Fantozzi a Capri (giusto per mantenere un minimo di fil rouge narrativo).
La giornata è filata via magnificamente tra arcigni campi di lava innevati come pandori farciti di zucchero a velo, zone geotermiche sulfuree e mari in tempesta agitati da onde titaniche smorzate dal vento, neve alternata a schiarite, attrazioni prettamente turistiche come la Blue Lagoon e una visita Reykjavik con cena al porto a base di balena, salmone, pesce rosso, pesce gatto e altra roba che non si è capito cosa fosse. Poi concertini (uno drammaticamente black metal…lasciamo stare) e birrette. Tutta vita. Voci di corridoio riportavano che fosse una notte da Aurora, ma purtroppo l’indice di attività geomagnetica è rimasto inchiodato a 1 mentre serviva almeno un 2. Peccato, sarebbe stato un bel bis.
Solo 3 ore scarse di sonno stanotte, tentando comunque di capitalizzare l’alzataccia nella speranza di avvistare la nostra seconda Northern Light mentre ci dirigevamo all’aeroporto…ma ora che l’indice segnava un promettente 3, ecco che eravamo di nuovo sferzati dalla neve. Ho poche certezze, ma una è questa: l’Islanda è sicuramente femmina.
In realtà a una certa mi era parso di vedere una luce verde baluginare davanti a noi, salvo poi realizzare che era il solito semaforo che si rifletteva maldestro sul nostro parabrezza lurido.
Ora siamo di nuovo all’aeroporto di Copenhagen, in attesa della connessione per la grigia Malpensa. Franco sembra aver esaurito la spinta cinetica (e sicuramente anche lo spazio sul suo cellulare, visto che solo dal finestrino dell’aereo avrà scattato 30 foto), mentre Thristo sta trovando in un hot dog a basso costo l’unica alternativa abbordabile alla morte per fame.
Da non crederci: in tutto questo rocambolesco barcamenarsi tra ghiacci, nevi, lava, tempeste e indici elettromagnetici la cosa più proibitiva sarà trovare un modo per tornare di notte all’ammaliante Ancona da Milano…grazie Trenitalia, e te lo dice un fiolo de feroviere.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!
Per Thristo è un bel progresso, solitamente sono le sue cose che dimentica in giro.
In effetti non l’avevo vista da questa angolazione.