Mi sono puppato le 12 ore di trasbordo fino a Osh per fare qualche sgambatella sulle montagne Alay – una sottocatena delle Pamir – dove svetta il Lenin Peak, considerato dalla comunità degli scalatori uno dei 7000 più accessibili. Il punto di partenza per l’incursione verso le Alay è Sary Mogol, un villaggio a circa 4 ore di bus da Osh che sorge su un altipiano a 3000 metri.
Ed eccomi a Sary Mogol. Sembra di stare nella parte più remota della Patagonia cilena: un paesello spoglio con case in pietra, strade di terra più o meno battuta e gigantesche montagne completamente imbiancate sullo sfondo.
I negozietti spogli e invariabilmente scuri che sorgono dentro i container arrugginiti vendono una scarsa selezione di beni di prima necessità, medicine e snack scaduti da un pezzo, mentre tutto intorno ti ronzano tanti, tantissimi bambini che non fanno che salutarti e qualche animale che ti guarda con placida indifferenza.

Programma per i prossimi giorni: dormire una notte qui nella tetra CBT guest house, arrivare al lago Tulpar con una passeggiatina di 22 km, passare la notte in yurta sulle sponde del lago e l’indomani muovere di buon’ora verso il Traveller’s Pass a 4150 metri. Serrato ma sensato.
Ma focalizziamoci sulla prima parte del piano, e parliamo della guesthouse gestita dalla CBT. Un tipo della CBT mi accoglie dando alla tenutaria istruzioni per la mia cena di stasera e per la colazione di domani.
Lei è una signora sui 130/140 anni che si muove secondo vettori sconosciuti alla fisica meccanicistica. Forse le sue sono traiettorie quantistiche o forse è solo troppo sciancata, rimane il fatto che il mio occhio proprio non riesce a indovinare dove cadrà il suo prossimo passo.
Complice una cena povera dal punto di vista gastronomico ma ricca da quello batteriologico, passo i soliti brutti momenti sotto le coperte. Sono solo, il fabbricato è così disabitato, freddo, buio e sinistro che di andare in quel buco di cesso nel cuore della notte proprio non ne ho voglia. Resisto, resisto, alla fine cedo. Ma mi accorgo con orrore che lo scarico e i rubinetti oppongono il loro nyet più perentorio: manca l’acqua.
Panico, anche perché il tempo stringe.
Voi cosa avreste fatto? Non vi dirò come ho risolto la cosa, vi darò piuttosto due indizi: cestino della spazzatura, busta di plastica. E vi dirò… molto più comodo, pratico e funzionale del cesso da campo dei giorni passati.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!