Mi piace del Chepe che tutti lo chiamino così: chiamarlo col suo nome completo Ferrocarril Chihuahua Pacifico toglierebbe parte di quella complicità che questo treno sembra avere con gli autoctoni.
Mi piace del Chepe quando stai sul bordo della rotaia ad aspettare che la motrice sbuchi all’orizzonte.
Mi piace quando il suo fischio si alza in cielo e le mamme urlano ‘Niños aqui llega El Chepe!’.
Mi piace un sacco il conduttore completo di cappellino a visiera, camicia, gilet e papillon, che ti chiede dove vai e ti assegna il posto annotandolo doviziosamente sul suo registro, severo come un professore quando ti faceva rapporto al preside.
Mi piace quando stai in clase economica e viaggi con gli indio, che eppure manco ti salutano se non lo fai tu per primo.
Mi piace quando per sfuggire all’aria condizionata killer ti piazzi tra una cabina e l’altra proprio sotto al cartello vietato stazionare qui.
Vado fuori di testa quando ci sono personaggi impagabilmente grotteschi tipo il factotum: vende vivande, declama, canta, balla, salta come una giostra impazzita tenendo in mano la radiolina che gli dà il tempo. Fascia in fronte, bisaccia per le offerte, sorriso smagliante: sei tu stesso ad alzarti per allungargli due spicci, come fai a negargli. Non ridevi così tanto da chissà quanto.
Mi piace quando la gente, a terra, fa capannello e sventola fazzoletti per salutare i passeggeri. E mi piace quando mi rendo conto che per gli abitanti di questa regione El Chepe è un’entità che va tributata a ogni passaggio. D’altronde ‘É sempre bello il treno’ diceva Pozzetto.
Per il resto, El Chepe è un pretesto. Un bel pretesto, per scoprire El Fuerte col suo malecon sul fiume, Urique con i suoi ultramaratoneti, Creel coi sui strepitosi dintorni tutti da esplorare. O per camminare sui bordi dei canyon a Divisadero, per fare trekking, andare in bici o lanciarsi nel vuoto sulle zipline nel parco Aventura Barrancas del Cobre.
Tutte esperienze che valgono molto più di questa lunga corsa in treno tanto pompata, quanto noiosa (e costosa). Perchè se salite su El Chepe solo per i panorami, rimarrete delusi.
Proprio così: se volete davvero gustare un assaggio di Copper Canyon, tocca scendere da El Chepe e darsi da fare per almeno una settimana. Significa arrovellarsi dietro agli orari, combinare trasporti, arrangiarsi, fare alzatacce.
E allora sì che ringrazierete El Chepe, non per quello che vi ha mostrato dal finestrino, ma per essere stato un degno compagno di viaggio, magari giusto un po’ ritardatario. E allora sì che ne sarà valsa la pena, altro che treno panoramico.
E per una volta, a corollario vi appioppo una scarica di foto, tecnicamente pessime come si confà a questo blog.
EDIT:
Ti è venuta voglia di farti un viaggio a bordo del Chepe Express alla scoperta del Copper Canyon vero?
Bene, ho scritto la guida che fa al caso tuo: Copper Canyon e Chepe: cosa fare, quando farlo, come farlo.
Buona lettura!
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!
4 commenti su “Messico 2018 – giorno #16/17/18/19 – Copper Canyon – Non è un treno per vecchi”