Alla fine quelle maledette finestre le ho tappate eccome. Ora, non per bullarmi, ma giudicate voi se non è un lavoretto di cui andare fieri:
Devi sempre viaggiare con dello scotch americano, prima o poi ti servirà. Ho voglia di guidare, ho voglia di rimbambirmi alla guida nel deserto: ma prima devo affrontare la giungla del car rental. Perché se affittare è facile dall’Italia davanti a un pc, poi al banco sono cazzi amari. Si entra nel labirinto delle franchigie, delle esclusioni, delle coperture assicurative base, addizionali, accessorie, totali (che totali non sono MAI). Il tutto con contratti in una lingua che non è mai la tua, con un operatore che non si capisce se è impreparato, confusionario o se ti vuole semplicemente turlupinare. ‘Come affittare una macchina senza farsi inculare’: gran titolo per un articolo, lo scriverò al più presto. Comunque: alle 8.30 antimeridiane sono già congestionato nel traffico di Tijuana, col muso della mia Wolkswagen puntato perentoriamente verso sud.
I primi 200 km sono catalogabili come classica strada panoramica costiera, poi comincia a diventare tutto più polveroso, fino a quando mi ritrovo circondato da terra bruciata, rocce e da loro: i cactus. Questi si chiamano cirrios per l’esattezza. E c’è pure la luna.
Arrivo a Cataviña dopo 9 ore di guida e mi rendo conto che sono praticamente solo. Qui non c’è niente e nessuno a parte la vecchietta che mi affitta una catapecchia, un albergo, una capanna con scritto mecanico, uno che vende taniche di benzina per strada (dio lo benedica) e un utilissimo minimarket. Niente case. Niente turisti. Niente luci. Qui a Cataviña si assapora il nulla. O meglio i cirrios, la luna e le stelle. E che stelle. Non mi lamento mica.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!
L’ha ribloggato su daniele galassie ha commentato:
La seconda puntata della Baja California…vi aspetto su ‘Quel randagio di Ermes’ il mio Travel blog