Fa caldo. Intorno a me solo cactus, polvere e rocce. Sto andando a 10 km orari con punte vertiginose di 20. Sotto la Wolkswagen Vento si agitano rumori che vorrei poter ignorare. Certe cose non le dovrei fare, però poi le faccio. Tipo certi sterrati.
Ma partiamo dai ringraziamenti: ringrazio tantissimo l’ingegneria teutonica per aver reso affidabili le sospensioni di questa Wolkswagen. Soprattutto per aver imboscato bene la coppa dell’olio da qualche parte là sotto, perché con quelle botte che ho preso ero sicuro di averla sfondata. 70 km complessivi di sterrato in 5 ore per visitare la Missione di S. Borja, che sorge in coordinate inimmaginabilmente sperdute. Tutto intorno mesas sovrastanti un panorama da far west strepitoso. Cactus, polvere e rocce, dicevo. Non riesco a credere che i missionari avessero scelto un posto così remoto in pieno deserto per far proselitismo ai danni dei poveri Cochimì. Capisco il tipico masochismo cattolico, ma sono ancora persuaso che sia tutta una vile montatura della Proloco.
In realtà la missione sorge nella proprietà del signor Javier Gerardo, che ha una specie di accordo col gobierno: lui restaura, loro gli lasciano gli introiti. Che sono le mance dei turisti a cui offre una breve visita guidata rigorosamente in spagnolo tirato. Si è convertito da cattolico a evangelista, il signor Javier Gerardo. I cattolici gli andavano stretti: troppo bacchettoni e settari per la sua sensibilità.
Non incontro nessuno. Solo un tedesco sciroccato che si sta facendo in bici il tragitto della Baja Divide, il celeberrimo percorso che serpeggia lungo gli sterrati della Baja California. Sei settimane di pedalate, il ragazzo. Tutto ustionato ma felice. Bravo, davvero, però per le prossime tappe opterei per una protezione 50 o quantomeno, a questo punto, per un dopo sole. Purtroppo non ho una foto del giovane atleta, ma la sua pelle color aragosta di Fukushima ce l’avrò impressa per gli anni a venire.
Sempre a proposito di Germania: è davvero una giornata di merda per la mia Wolkswagen Venta. Non bastano i supplizi inferti sullo sterrato. Tornato sull’asfalto mi schianto a 110km/h su un cratere largo un metro e profondo abbastanza da far temere il peggio. Ce ne sono così tanti che qualcuno li ha cerchiati con una bomboletta spray per renderli più visibili. A bordo strada è pieno di borchie schiantate, volate via per gli impatti. Io ne ho perse già due e una è crepata. Mentre conto i copri cerchioni sparsi qua e là, la luna piena buca il cielo.
Arrivo a Guerrero Negro facendo slalom tra questi fossi mortali ed è notte fonda. Buio come la pece, ho fame, manca l’acqua calda e un enorme scarafaggio insiste per dividere con me la stanza. D’altronde c’era prima lui. Alla fine riesco a farmi valere grazie a un cesto dell’immondizia usato per l’occasione a mo’ di schiacciasassi. Lo so che i travel blogger cool queste cose non le fanno perché sono tutti eco-friendly e anzi, il selfie con la cucaracha mastodontica è un’occasione imperdibile. Ma sticazzi, dormiteci voi.
Domani è una giornata importante: da qui raggiungerò la laguna Ojo de Liebre per tentare di rivedere in chiave più collaborativa il mio rapporto con le balene. Poi vi spiego.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!
L’ha ribloggato su daniele galassie ha commentato:
La terza puntata della Baja California…vi aspetto su ‘Quel randagio di Ermes’, il mio nuovo Travel blog