Patagonia 2017 – giorno #1 – Cile – C’erano cose lasciate in sospeso

Polvere, autostop, fiordi, trekking, ghiacciai e personaggi come sempre epici: di nuovo da solo a sudare sangue sulla impareggiabile Carretera Austral. Con un piacevole diversivo sul lato argentino.

Un doveroso prologo

Lavoro con la Cina e un vantaggio c’è: i cinesi tra gennaio e febbraio festeggiano il loro capodanno e quando un cinese festeggia un capodanno non conosce mezze misure: sparisce per 3/4 settimane. Niente mail, niente skype, niente telefono. Puf, il cinese si smaterializza. Io faccio altrettanto e non certo per osmosi culturale, ma perché è il modo migliore per assecondare il mio vizietto del viaggio zaino in spalla evitando che al mio ritorno ci siano ad aspettarmi milioni di mail non risposte e un boss bramoso del mio sangue.

Vado al dunque. Destinazione: Patagonia cilena. Voglio concentrarmi su quelle sezioni della remota e selvaggia Carretera Austral che mi sono perso nei due mesi di viaggio in Sud America dello scorso anno. Durata: 25 giorni, presto i cinesi torneranno in postazione e io dovrei fare altrettanto. Numero partecipanti: naturalmente 1.

Perché la Carretera Austral: remota, logisticamente e fisicamente impegnativa, ancora immune dal turismo di massa. 1200 km di strada per lo più sterrata che serpeggia in un territorio vergine che vanta una concentrazione di fiordi, foreste pluviali, ghiacciai, laghi, fiumi, vulcani e montagne che non ha eguali al mondo. Scommetto che non lo sapevate, io l’ho scoperto da poco. Tocco di classe finale l’atmosfera da pionieri dei primi del ‘900 che si respira in Patagonia.

Mezzi di locomozione: bus (se e quando ci sono), traghetti (se e quando il meteo è d’accordo), autostop (se e quando ti caricano). Pernotti: tenda e ostelli. Attività: trekking e credo poco altro. Alla stazione di Ancona ero già in tenuta da trek bastoni compresi e non ho altro a parte roba termica e qualche calzino/mutanda/t-shirt. Esatto, anche stavolta come Fantozzi quando parte per Ortisei già in tuta da sci e scarponi. Certezze: una. Sarò quasi sempre il più anziano tra i mochilleros (viaggiatori zaino in spalla), ma mi accattiverò le simpatie degli imberbi con le mie solite storielle inconcludenti.

E allora tento di imbastire di nuovo un blog a puntate con la solita filosofia: questo non è un classico travel blog. Niente dettagli tecnici, itinerari da guida, profluvio di paesaggi cartolina o cose simili. Servirà per tenere nota delle situazioni più improbabili, pennellare personaggi meritevoli, fissare idee strampalate quanto fugaci e naturalmente farvi perdere tempo mentre non fate una mazza in ufficio.

Fine del doveroso prologo, la misera puntata di oggi

Dopo 31 ore di viaggio (24 di volo + 6 di treno) sono finalmente arrivato a Puerto Montt e la situazione meteo mi arride. Il sole si specchia vanitoso sul Pacifico e mi picchietta sulla pelle ricordandomi che qui è estate; si tufferà nell’oceano non prima delle 22.30 a occhio e croce per poi dilettarmi per un’altra buona mezz’ora coi suoi ultimi riverberi, e questo mi trasmette un senso di infondata sicurezza. Però sono così annebbiato e stanco che le mie capacità di discernimento risultano inabissate a livello Grecia ’95 (riferimento del tutto personale che puntella un record negativo inarrivabile quanto a incapacità organizzativa e condotta di viaggio). Meglio smetterla subito di perfezionare acquisti (sbagliati) di beni e servizi strumentali al viaggio e dedicarsi all’unica cosa da fare quando si versa in queste condizioni miserevoli: mezzo chilo di controfiletto al sangue corroborato da bottiglia di Cabernet Sauvignon presso il già testato Fogon del Leñador.

Domani sveglia all’alba per una traversata di 10 ore tra bus e traghetti con destinazione parque Pumalin, meglio rimettersi subito in forze.

Patagonia 2017 - giorno #1 - Cile - C'erano cose lasciate in sospeso

Daniele ERMES Galassi

Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!

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