Polvere, autostop, fiordi, trekking, ghiacciai e personaggi come sempre epici: di nuovo da solo a sudare sangue sulla impareggiabile Carretera Austral. Con un piacevole diversivo sul lato argentino.
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Ed eccomi qui, di nuovo seduto al Fogon del Lenador di Puerto Montt per chiudere il viaggio come lo avevo iniziato poco meno di un mese fa: mezzo chilo esatto di controfiletto e vino tinto.
Credo nella circolarità delle peregrinazioni, mi piace onorarla.
Tornare in Cile è stato facile, ma ha richiesto un mare di tempo. Si è mosso tutto a singhiozzo, con autobus argentini rotti, isterie di gruppo, trasbordi su mezzi sostitutivi, lungaggini senza senso al confine. Tutto regolare insomma.
Domani mi aspettano 30 ore di viaggio. Magari un’ultima foto delle nuvole che si specchiano sul Pacifico e poi via verso il minuscolo aeroporto di Puerto Montt. Poi Santiago, poi San Paulo, poi Milano, poi Ancona. Tutti dettagli inutili.
Ma concludere con dettagli inutili mi sembra relativamente inopportuno, dopo tutta questa fatica. E torniamo quindi alle questioni importanti: il controfiletto. Il controfiletto va mangiato vetado. Ossia con quel bel filo di grasso che insaporisce oltre ogni misura.
Nella vita bisognerebbe diffidare di donne ubriacone, uomini astemi e di chi mangia carne di manzo ben cotta. E fin qui siamo tutti d’accordo. Ma è tempo di rendersi conto che bisogna diffidare anche di chi scarta il grasso nel controfiletto.
Si si lo so, volete quell’ultima foto del Pacifico. Eccola.
Alla prossima (forse). E sotto coi controfiletti.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!