Ultimo tratta, da La Molina fino a Barcellona.
‘Arriverò con calma’, dicevo ieri. Avevo anche impostato un itinerario panoramico che allungava il brodo, ma niente… qualcosa va clamorosamente storto col Garmin e eccola lì che mi ritrovo alle porte di Barcellona per pranzo.
Esattamente quello che volevo evitare, dicevo sempre ieri: 35 gradi, in moto, vestito da moto, all’ora di punta in una città da 1 milione e mezzo e rotti di abitanti.
Amen: l’unica è parcheggiare la moto al porto, mettersi in assetto da passeggio e buttarsi verso Rambla e Barrio Gotico nell’attesa che si avvicini il momento dell’imbarco, che di solito è sempre un bel dito nel culo.
Oh, alla fine Barcellona è sempre Barcellona, un paio d’ore a zonzo e una paella non mi fanno schifo, il problema è che le ore sono ben 7 a voler rimanere aderenti alle indicazioni della famigerata Grimaldi.
Ma qualcosa mi dice che col Covid ci sarà più casino del solito e decido di andare al check in con largo anticipo.
Non c’è casino, c’è gran casino: salta fuori che tocca pupparsi un questionario rognoso da compilare rigorosamente online dopo aver scansionato un QR code.
Stranieri con le batterie del cellulare al 15% e connessioni lumaca o del tutto assenti a bestemmiare i santi, a chiedere assistenza tecnica o peggio ancora a mendicare un hotspot in ansia dura. Io stesso, che non sono esattamente un analfabeta informatico, tribolo parecchio e senza il mio fido powerbank sarei inguaiato perché non c’è una presa libera. Per non parlare del sardo che mi chiede l’hotpost perché ha finito il traffico dati… lui sì che è per le pezze.
Ve lo immaginate poi il panico che può serpeggiare in un gruppo di turisti della terza età? No, io non lo reggo, quindi appena il tipo sardo finisce a ciucciare dati dal mio Samsung, mi barrico al ristorante a sgranocchiarmi una pizza. Sulla carta italiana, nella bocca di gomma. Ma sempre meglio del cibo della Grimaldi, quindi andrà benissimo.
Capitolo Grimaldi Lines: come anticipato in apertura, stavolta mi sono preso una cabina. 21 ore di traversata con passaggio ponte, dopo 4000 km in moto e prima di farne altri 300 di notte per tornare a casa… no, no davvero. Senza contare che quelle 21 ore diventeranno come minimo 24 e varcherò la soglia di casa a notte fonda.
Il traghetto è mezzo vuoto, per fortuna, ma il mare è grosso e quindi ce ne mettiamo 24 come previsto dal mesto copione. Continui i richiami del personale alle normative anti Covid: quindi tutti mascherinati, distanziati, mani ingellate. Ma poi al momento dello sbarco (che è immancabilmente molto peggiore di quello dell’imbarco) eccoci lì tutti pressati come sardine e quindi boh… semmai tra 15 giorni vi faccio sapere.
Scendo in garage, mi squaglio a temperature da fornace in mezzo alle solite urla inspiegabili del personale e ai ben noti effluvi venefici. Appena poggio le ruote a terra parto a razzo da Civitavecchia con l’idea di fermarmi giusto per fare benzina.
Giro la chiave di casa che è quasi l’una, pungolato da una fame atavica. Apro il frigo, vuoto cosmico. Fortuna la mia scorta d’emergenza di Parmigiano 40 mesi, ennesima riprova che quella non deve proprio mancare mai.
Alla prossima.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!