Parto di slancio la mattina presto da Tudela per godermi il parco delle Bardenas Reales con meno gradi e meno gente possibile intorno.
Terra battuta, polvere, guglie, mesas e casottini in pietra che pare di stare in Utah o Arizona. E invece siamo a un tiro di schioppo da Barcellona.
Divertentissimo, soprattutto quando esco dal percorso (dove permesso) e mi butto in qualche sterratino alla cieca e rimango completamente solo lontano da tutti. Vorrei tornarci con qualcuno dei miei sodali per osare un pò di più, ma va bene anche così.
Il percorso ufficiale conta 32 km, ne faccio quasi 100: mi ritengo sazio. Ma la verità è che starei tutto il giorno qui a mettere in fila cazzate perchè dopo giorni di colli piovosi in Francia è troppo bello scorrazzare in un ambiente desertico, dritti sulle pedane dando ogni tanto una scodatina aprendo un pò il gas.
Ne esco a malincuore per pranzo e punto sulla Valle del Roncal, direzione Isaba che è un pò il centro nevralgico della zona.
Quanto si sta bene: sole spagnolo, asfalto quasi francese, curve su curve e panorami montani impregnati di verde.
A Usun faccio una delle cose che non dovrei fare ma che sistematicamente faccio: scendo per un canyon in tenuta da moto, sotto il sole del primo pomeriggio. Appena 4 km ma mi succhia via ogni goccia d’acqua dal corpo (anyway, god bless the traforato).
É il canyon de Arbayun, con il suo eremo a fine percorso che però è quello che è: una semplice casa in pietra, tra l’altro cerrada (chiusa).
E quindi ciccia, torno indietro e punto su Isaba dove trovo un regno dominato da una lingua illeggibile piena di K e X a cui ancora non sono riuscito a dare un nome certo (ipotesi più quotata: Eksara).
Per capirsi, nomi di ristoranti di Isaba a caso: Txiki, Ezkaurre, Goxotegi.
Sono zone autonome dei Paesi Baschi, ma non ci capisco niente. Alzo le mani, veramente, mi va bene tutto.
Prendo posto in una camerata mista in un ostello economico dal nome naturalmente impronunciabile e ci trovo uno di Valencia con la faccia da lonza che dice di essere qui per fare del sano trekking.
Lo guardo e lo riguardo: deve essere un prete o uno scout, mi ci gioco le palle.
Domani glielo chiedo. Con tatto, ma glielo chiedo.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!