Una grande traversata in solitaria del Sud America: dall’Ecuador alla Patagonia cilena e argentina, passando per il Perù e chiudendo con due capatine in Brasile e Uruguay. Un viaggio per me memorabile.
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Toppare cosí la tappa di Alausí: che vergogna! Non sono riuscito a prendere il treno che si inerpica a zig zag su per la Nariz del Diablo (un dirupo apparentemente impossibile su cui far correre una rotaia)…e ciò indubbiamente integra gli estremi dello smacco, almeno per un figlio di ferroviere.
Non ho verificato gli orari, mi sono fidato di quello che mi avevano detto a Banos e ho perso l’ultima corsa. La cosa pessima è che oggi è domenica, e il lunedì il treno non arrampica. Anche questo avrei dovuto saperlo. Smacco totale, niente da fare. Di rimanere ad Alausilí per un giorno a vuoto non se ne parla, quindi il verdetto è: niente treno, piano B. Muoviamo verso Cuenca.
Ma forze cosmiche tramano per farmi passare la notte qui: tutti i bus sono pieni. Niente fino a domattina.
Però sono italiano, e un italiano in sud America una soluzione di solito la trova, soprattutto se incontra una famiglia mista italo-ecuadoriana con la quale escogitare un piano C.
Ed eccoci contrattare un passaggio in camioneta per Cuenca, con il grande Julio a dirigere le trattative atte a portare a destinazione la sua famiglia allargata (che conta un genero genovese, povero lui).
La proposta è accettabile, monto anche io: sono italiano, dicevamo, e so quando salire sul carro dei vincitori.
Io, Julio e Pablito (Paolo il genovese… povero Julio) ci accatastiamo sul retro del pick up, le donne e la prole si accomodano all’interno. In 3 ore di guida forsennata dove passiamo dalle fitte nebbie dei valichi montani alle soleggiate valli intorno a Cuenca, nel retro della camioneta se habla de todo: costume, politica, storia, civiltà precolombiane, cibo e naturalmente economia, con uno Julio debordante e un Pablito pacioso.
Julio di profilo è sosia perfetto di Lucio Dalla, Pablito mi ricorda un cartone animato di cui mi sfugge il nome.
A Cuenca incontro un po’ di gente, tra cui una francese sui 50 con aria sofisticata, che dichiara di viaggiare da 10 anni in sud America senza mai lavorare. O ha i soldi o la da in cambio di beni e servizi, non vedo altre alternative. È esperta di tutto, snocciola sospirando nomi di città e luoghi, conosce situazioni e persone. La grandeur francese. Tsé. Predice la mia morte qualora io prenda la strada montana per sconfinare in Perù perchè è stagione delle piogge, e quando esce per fumare le chiedo se ha da offrirmi una sigaretta. Risposta: mi dispiace, qui sono molto costose. Mi vedo costretto dunque a scartare l’ipotesi che sia ricca per abbracciare serenamente l’altra.
PS
Prenderò quella strada e una volta sopravvissuto scroccherò e fumerò alla faccia sua.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!