Una grande traversata in solitaria del Sud America: dall’Ecuador alla Patagonia cilena e argentina, passando per il Perù e chiudendo con due capatine in Brasile e Uruguay. Un viaggio per me memorabile.
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Toh, poco fuori Cuenca c’è un parco nazionale di cui si fa un gran parlare, con hike di diversi livelli tra i 3.900 e i 4.200 metri, grandi panorami, facile accesso. Alle 7 sono già in pista a fare colazione nel baretto sotto l’ostello, desideroso di allontanarmi dalle delizie coloniali di Cuenca (vedi puntata precedente) e muovere alla volta del Parque Nacional Cajas.
Il programma è ardito: 4/5 ore di trek, ritorno a Cuenca (1 ora) per riprendere lo zainone, ripartenza verso Loja (4 ore) con il bus delle 17. Duro ma si può fare.
Divido le fatiche del percorso n.2 con Laura e Andrea, rispettivamente messicana e ecuadoriana, entrambe residenti a Boulder, Colorado. Grande festa quando dico di essere stato a Boulder, un po’ meno quando confesso che mi ha fatto cagare.
In cima alla vetta (4.200 mt) è una Babele, tra inglesi, olandesi, tedeschi, messicani, ecuadoriani e italiani (solo io naturalmente). E ovviamente sono il più vecchio. Si discute di rituali con ayahuasca, san Isidro, peyote, si scambiano numeri di telefono di sciamani referenziati (una scena surreale). Alla fine salta fuori pure un mega cannone che ho la lucidità di rifiutare. Laura, sballona nel midollo, quella lucidità proprio non ce l’ha: il risultato sarà evidente nella discesa (nonché nella foto qui sotto).
Quanto al resto diciamo che ho scroccato un passaggio a Cuenca dalle due giovani, che però avevano dimenticato che la macchina ad aria non è ancora stata inventata, ritrovandosi nel panico quando stavano per rimanere a secco. Ed è in queste situazioni che l’uomo italiano deve saper essere macho latino: sono sceso e ho preso un taxi. Perché Il bus per Loja non aspetta.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!