Sud America 2015/16 – Giorno #2 – Ecuador – Quito: strutture molecolari superiori o dramma dell’abbandono?

Una grande traversata in solitaria del Sud America: dall’Ecuador alla Patagonia cilena e argentina, passando per il Perù e chiudendo con due capatine in Brasile e Uruguay. Un viaggio per me memorabile.
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Tutti i miei propositi di salire per gradi a corollario della mia filippica sul soroche sono andati a puttane. Dopo una giornata in giro per la ciudad vieja all’insegna della cautela, alle 16 mi sono ritrovato a 4.100 metri sul promontorio che domina Quito. Non ho resistito e ho preso la teleferica, conscio che lassù io e lui ci saremmo stretti di nuovo in un lurido abbraccio.

E invece sarà la mia invidiabile struttura molecolare, sarà il burrito messicano ai fagioli sgranocchiato in vetta, sarà che stavolta ero pronto a dargli un hi-five di bienvenido…insomma un cazzo. No show up. Il soroche ha dato sola.

Per uno strano meccanismo del quale parlerò al mio psicoterapeuta mi sono sentito snobbato: ma come perdio, dopo tutto quello che c’è stato tra noi?

Al che gli do un’altra chance: vedo un lunapark alla base del teleferico. Sì, un luna park a 3.200 metri…che se me lo avessero proposto due giorni avrei detto ‘manco morto’. Faccio la tessera e mi butto sulle montagne russe. Avvitamenti, discese a picco, giro della morte. Nada. Al che mi butto sul galeone, giostra cult anni 80-90. Nada. Il soroche quest’anno non mi caga proprio.

Non so sentirmi inviolabile o abbandonato. Nel dubbio torno in ostello, non prima di aver assistito a un’inimmaginabile match di beach volley andino a 3.000 metri…fisici da camionisti serbi, pallone da calcio, rete costruita con mezzi di fortuna. E tecnica naturalmente sopraffina.

Per il resto molto carina Quito, lontana anni luce dal caos di Città del Messico, popolata di omini scuri pronti e proni al bottone in ogni momento. Mi ci sarei fermato forse di più, ma il tempo stringe. La Patagonia è davvero lontana e due mesi passano in fretta. Forse.

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Daniele ERMES Galassi

Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!

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