Una grande traversata in solitaria del Sud America: dall’Ecuador alla Patagonia cilena e argentina, passando per il Perù e chiudendo con due capatine in Brasile e Uruguay. Un viaggio per me memorabile.
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Ammetto di essere una schiappa mondiale quando si tratta di esplorare una metropoli. Ma mettetemi davanti una cartina con una manciata di villaggi-sputo da visitare saltando da un bus scalcinato all’altro, facendo autostop o montando su un carretto e so come farmi valere.
Conscio di questo non ho esitato a lasciare Quito alla volta di Otavalo, località che attira turisti per il suo mercato, il più grosso delle Ande. E siccome oltre a essere una schiappa mondiale nelle metropoli, mi annoio tempo zero nei mercati, l’opzione vagabondaggio tra i pueblos è schizzata subito in pole, incoraggiata da un sole che quando si fa largo tra le sparute nuvole ti apre la testa in due (grazie protezione 30).
Villaggi andini sperduti tra i 2.800 e i 3.100, indio che più indio non si può, dove i vestiti multicolore femminili cantano tra l’ocra della terra e il verde della vegetazione. Donne intente a cucinare cibo agli angoli delle strade tenendo sulle spalle la prole tramite il tipico fasciatoio, uomini febbrilmente impegnati in quella che sembra essere per il macho andino la primaria occupazione: chiacchierare (rigorosamente tra uomini) senza fare assolutamente un cazzo. Al massimo una partita a carte (ma sempre rigorosamente tra uomini).
Quasi che ci vivrei in questi autobus che serpeggiano tra questa polvere, coloratissimi dentro e fuori, con musica a bomba, carichi di bambini e anziani che guardano incuriositi l’unico straniero. Una volta tanto, il fatto che io sia un capellone non credo proprio costituisca motivo di discussione, visto che il 75% dei maschi, compresi i bambini, qui porta una treccia lunghissima.
L’ autostop su un pick up sulla via del ritorno a Otavalo è la ciliegina sulla torta per una giornata che mi vede stremato (a letto alle 21!) ma che mi ricorda quanto un viaggio per le Ande valga ogni centesimo speso.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!