Una grande traversata in solitaria del Sud America: dall’Ecuador alla Patagonia cilena e argentina, passando per il Perù e chiudendo con due capatine in Brasile e Uruguay. Un viaggio per me memorabile.
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Immaginate di stare seduti in una cella frigorifera che sobbalza come un Tagadà senza soluzione di continuità, tra spifferi artici, clangori metallici, tonfi e cigolii di sospensioni che lottano contro le buche della strada sterrata. Tutto mentre il vostro olfatto viene offeso nel più triviale dei modi. Nell’oscurità più totale, per circa 2 ore e mezzo.
Un passo indietro. C’è un genuino mercato degli animali a Saquisilí, villaggio a 2 ore e rotte di bus da Isinliví, dove alloggio. Ed è anche l’unica opzione per uscire dal Quilotoa Loop in tempi umani e festeggiare degnamente il capodanno assieme ad altre forme di vita che non siano piante, cani e gestori di ostelli. Il mercato è solo il giovedì e domani è giovedì: l’occasione fortuita e fortunosa diventa pertanto ghiotta.
C’è solo un problema: l’autobus parte alle 3.30 antimeridiane dalla piazzetta. Tutti all’ostello sghignazzano nel sentire il mio piano autolesionista, ma è troppo tardi: l’idea del cazzo è in pista.
La sveglia alle 3 è un bicchiere d’acqua fresca nell’economia della situazione generale. Una nebbia che manco sui Carpazi incornicia i contorni di un paese fantasma, col freddo che quatto quatto si fa strada tra gli strati di indumenti. Siamo solo io e un paio di signore che vanno da qualche parte per queste montagne. Fine del passo indietro.
Arrivo a Saquisilí ancora avvolto dalle tenebre, salto su un pickup che mi porta nella piazza di questo maledetto mercato degli animali. È un freddo boia, si congela. E’ notte, è freddo, voglio il mio ostello, che è ormai anni luce di distanza. Sono l’unico straniero in mezzo a questo circo, tra maiali, buoi, lama, alpaca, capre e relativi proprietari. Sullo sfondo dominano urla strazianti di maiali al guinzaglio che tirano come dei pazzi, ma che a volte fuggono per poi essere ricatturati e insacchettati da vivi. Si vede che qui si usa così. L’ attività principale, piú che perfezionare transazioni aventi ad oggetto animali, sembra essere in effetti il tiro alla fune con el puerco, la sua presa al lazzo e il suo imbustamento. Sicuramente mi sfugge qualcosa.
Come sempre le milf e le gilf ecuadoriane mi attaccano bottone con uno spagnolo che va ben oltre le mie possibilità, e come sempre quando brancolo nel buio io alterno SI e NO con scioltezza (nel rapporto di 2:1 per non destare sospetti). Mi sembra che una signora mi abbia chiesto di scegliere una delle sue tre figlie, ma anche questa potrebbe essere una mia macchinazione mentale (vedi giorno #5). Dettagli.
Se non siete convinti che il titolo di oggi sia appropriato, considerate che da lì sono dovuto andare a Latacunga per riprendere il mio zainone, per poi arrivare a Banos in 6 ore dopo tramite un’ardita combinazione bus-taxi-taxi-bus-taxi. E sullo sfondo una sfida epica: rastrellare energie utili a tirare almeno fino a mezzanotte per dare degno benvenuto al 2016. Dai, è stata proprio un’idea del cazzo.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!