Traversata Imperiale Alpi – giorno #3 – L’Alta via del sale

Ci accorgiamo che questa sgroppata d’alta quota era data in 6 ore e mezza solo al momento di salire in sella. Anzi, Bertellone realizza la cosa poco prima, durante una delle sue sedute fiume al cesso.

Complici i tempi medi di preparazione non esattamente irresistibili dei miei sodali, c’è un po’ di apprensione: finito il giro io e Struso dobbiamo arrivare in tempo utile a Isola, in Francia, e Bertellone deve tornare a Genova per il compleanno della figlia.

Che fatica.Sono 110 km di sterrati tra Italia e Francia in alta montagna (ben oltre i 2000), un circuito veramente stupendo tra che serpeggia tra panorami alpini apertissimi, sottobosco, salitine e salitone, discese, curve a gomito. Tutto su un’infinità di terreni, mai troppo tecnici, ma mai da abbassare la guardia, anche perché tutte quelle ore di guida sulle pedane non le fai mica tutti i giorni.

È un ambiente a antropizzazione quasi zero, dove però:

  • gli escursionisti mandano a cagare i motociclisti perché fanno casino
  • i motociclisti mandano a fare in culo i 4×4 perché rallentano i passaggi e alzano polveroni
  • tutti mandano a morire ammazzati i ciclisti, che si confermano anche qui la categoria peggiore in assoluto, incapaci di discernere la destra dalla sinistra.

Non conosco la casistica di ciclisti morti lungo l’Alta via del Sale, ma sospetto che regali bei numeri.

Traversata Imperiale Alpi - giorno #3 - L'Alta via del sale

Traversata Imperiale Alpi - giorno #3 - L'Alta via del sale

Traversata Imperiale Alpi - giorno #3 - L'Alta via del sale

Traversata Imperiale Alpi - giorno #3 - L'Alta via del sale

Traversata Imperiale Alpi - giorno #3 - L'Alta via del sale

Traversata Imperiale Alpi - giorno #3 - L'Alta via del sale

Traversata Imperiale Alpi - giorno #3 - L'Alta via del sale

Abbiamo così tanto pepe al culo che la finiamo in 5 ore nette (niente pranzo, solo un paio di micropause), al che Bertellone schizza verso casa mentre io e Struso ci adagiamo su un tagliere di affettati e formaggi.

Siamo sfiniti, ma arriviamo in un altro paio d’ore a Isola 2000, un agglomerato turistico di una tristezza inaudita. In confronto Pripyat dopo l’esplosione del reattore 4 di Chernobyl sembra Rio in festa per il carnevale.

C’è poco da fare se non buttarsi sull’unico ristorante aperto all’intero di un lugubre mini centro commerciale. Che però ci caccia, non ha posto.

La serata finisce a pezzi di pane in cassetta abbelliti da formaggio e ingredienti di fortuna, una combo spacciata per ‘bruschetta’ dal solo pub esistente.

Non ci lamentiamo: visto l’andazzo poteva davvero andare peggio.

Daniele ERMES Galassi

Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!

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