Sud Ovest USA: guida e itinerario tra deserti, montagne e grandi parchi

Un viaggio on the road nel Sud Ovest USA, dove la Natura non conosce mezze misure e i superlativi sono la regola. Tra deserti e montagne, un susseguirsi di parchi, canyon e scenari senza eguali per intensità e concentrazione. Noleggiate una macchina a Las Vegas, caricate la playlist preferita e preparatevi a rivedere il vostro concetto di ‘grande’. La strada sotto le ruote, l’orizzonte davanti agli occhi, il cielo sopra la testa: nulla in questo angolo di mondo sembra avere la minima intenzione di finire.

Sud Ovest USA: guida e itinerario tra deserti, montagne e grandi parchi - STRAY ERMES

Sommario

INTRODUZIONE: TURISTA FAI DA TE? OTTIMO.

Se avete la fregola del viaggio on the road, gli Stati Uniti sono il primo posto che vi sarà venuto in mente. E tra tutti gli itinerari possibili negli USA, quello del Sud Ovest è tra gli imprescindibili.

Lasciate stare le agenzie di viaggio, le prenotazioni ansiose e tutte quelle menate da turisti della domenica: a voi non servono, siete sul posto giusto per confezionare il vostro viaggio fai da te in uno dei luoghi più incredibili del pianeta.

Questa guida vi porta alla scoperta di alcuni tra i più avvincenti parchi americani, precisamente quelli concentrati nei territori del Sud Ovest USA (cosiddetto Southwest), segnalandovi in modo chiaro e sintetico le miriadi di attrazioni che si incontrano lungo un itinerario on the road ad anello da fare in macchina, in camper, in moto.

Il tour è una delle tante varianti del cosiddetto Grand Circle o Itinerario dei Grandi Parchi: in circa 3.000-4.000 km (variabili a seconda delle deviazioni) si incontrano alcuni dei parchi naturali più belli degli Stati Uniti, canyon, gole, deserti, montagne, laghi, strade sceniche dove dovrete (e vorrete) guidare per ore, punti di osservazione strazianti e minuscole cittadine.

 

 

L’argomento merita il massimo approfondimento, quindi questa guida non può che essere lunga e dettagliata: leggetela online se volete, ma vi consiglio poi di scaricarla e stamparla.

Spoiler: se non vi piace guidare avete due possibilità. O trovate chi brandisce il volante al posto vostro o rinunciate. In entrambi i casi non sapete cosa vi perdete.

 

Quello che trovate negli Stati Uniti sud occidentali a cavallo tra Utah, Arizona, Colorado e Nevada è un paradiso naturale incontaminato quanto inimmaginabilmente sconfinato, dove i protagonisti sono sostanzialmente due: la Natura e la Strada.

SUD OVEST USA ON THE ROAD: MAPPA E ITINERARIO 

Tutti i tour del Sud Ovest USA includono il Grand Canyon, ma la maggior parte degli itinerari contempla il solo Grand Canyon South Rim, cioè la sponda sud: più turistica, più grande, più facile da raggiungere. Qualcuno propone un itinerario che prevede invece il North Rim: più remoto e meno turistico.

Qui vi ho preparato un itinerario più ardito, che permette (senza doppiare mai la strada!) di vedere tre punti di osservazione del Grand Canyon: South Rim, North Rim e Toroweap point. Percorrerete anche un tratto della mitica Route 66, la strada americana per antonomasia.

In mappa riporto le attrazioni che incontrerete: parchi, strade panoramiche, punti di osservazione. Ecco qua:

Una precisazione metodologica: non indico un itinerario rigidamente diviso per giorni perché lo trovo un approccio limitante vista la natura del viaggio. Lo suddivido in tappe o tratte, deciderete voi quanto tempo dedicare a ognuna in base ai vostri gusti e ai giorni a disposizione.

Prima di entrare nel vivo, le consuete domande frequenti.


USA ON THE ROAD: FAQ

Sud Ovest USA: cosa vedere?

Quello che trovate a cavallo tra Utah, Arizona, Colorado e Nevada è un paradiso naturale incontaminato quanto inimmaginabilmente sconfinato, dove i protagonisti sono sostanzialmente due: la Natura e la Strada.

Oltre ad alcuni dei più incredibili grandi parchi americani si incontrano riserve naturali, canyon, punti di osservazione, strade panoramiche (scenic byway), laghi, fiumi, montagne, deserti, orizzonti e cieli infiniti. Potrete consumarvi le suole delle scarpe da trekking, andare a cavallo, in bici o in kayak, arrampicare o affrontare virtualmente qualsiasi genere di attività all’aria aperta.

La strada, anche quando non sarà classificata come scenic, sarà quasi sempre memorabile. Scordatevi qualsiasi forma di vita mondana o notturna: qui si va a letto presto e ci si alza altrettanto presto, le miglia da percorrere sono tantissime e i giorni sempre troppo pochi.

In che zona degli Stati Uniti si svolge l’itinerario?

Nella zona sud occidentale a cavallo tra Nevada, Arizona, Utah, Colorado con eventuale estensione in California per la Death Valley.

Sud Ovest USA: quando andare?

I mesi migliori sono la primavera (aprile, maggio, giugno) e l’autunno (settembre-ottobre), in estate piena può fare tremendamente caldo in certe zone e i parchi principali sono rumorosi e affollati. L’inverno è praticamente off-limits, sebbene molte strade siano teoricamente aperte (neve permettendo, si intende). Io ho bazzicato queste aree sia a inizio settembre che a fine ottobre, entrambi sono stati periodi eccellenti, senza pioggia e senza caldo opprimente.

Attenzione però: già da ottobre il Grand Canyon North Rim potrebbe essere chiuso per neve. In quel caso dovrete accorciare decidendo in base a informazioni contingenti. In soldoni: potete fare il giro in ogni stagione tranne l’inverno.

Southwest USA: quanti giorni?

Per avere un assaggio di Southwest (parchi principali) servono minimo due settimane pulite. Vedere la maggior parte delle attrazioni e concedersi qualche sgambata richiede circa tre settimane, con un mesetto siete dei signori. Per intendersi: potreste stare un’intera settimana a scarpinare già solo dentro lo Zion.

USA on the road: come muoversi?

Gli Stati Uniti sono fatti per macinare asfalto. E a maggior ragione se parliamo di questi territori: per un itinerario del genere non esistono trasporti pubblici. Se vuoi vedere la parte selvaggia degli USA devi guidare. Ci vuole forza motrice indipendente. Per me l’auto rimane la soluzione migliore, con forte predilezione per un bel 4×4. La moto può essere interessante (sebbene molto più costosa e provante), come pure il camper, che potrebbe però subire pesanti limitazioni su alcuni tratti sterrati.

Per noleggiare un’auto senza farvi venire travasi di bile leggete questa guida: Noleggiare auto senza farsi fregare. Vi assicuro che vi servirà.

Quanti km dovrò guidare?

Il giro proposto misura tra i 3.000 e i 4.000 km (variabili a seconda delle deviazioni che deciderete di fare). Non fatevi ingannare dalla mappa: le distanze in USA sono abissali e le strade spesso tortuose con limiti incomprensibilmente bassi per noi europei.

Ogni attrazione richiede il suo tempo non solo per essere visitata, ma semplicemente per essere raggiunta. Calcolate bene o rischiate di toppare alla grande. Ricordatevi che le indicazioni sono in miglia, e che ogni miglia equivale a 1.6 km.

Sud Ovest USA e clima: cosa mettere in valigia?

Ricordatevi che sarete in zone desertiche e pertanto con forte escursione termica, quasi sempre tra i 1200 e i 2200 metri. Quindi caldo di giorno (tremendamente caldo in estate), frizzante la sera e freddino/freddo di notte (soprattutto a inizio primavera e autunno). Abbigliamento dunque rigorosamente a strati. Consiglio poca roba, sintetica leggera per il giorno e sempre sintetica ma termica per la sera. Naturalmente l’outfit che caldeggio è di tipo sportivo, vestiti casual saranno sostanzialmente inutili a meno che non programmiate qualche seratina pimpante a Las Vegas.

Dove dormire? Conviene prenotare?

A parte centri turistici in altissima stagione (quelli vicino a grandi parchi), in USA l’ultimo dei problemi è trovare un alloggio. Ci sono più motel che cristiani. Se viaggiate da soli non sono economici (minimo 30 usd per una stamberga), ma se siete già in due risparmierete tantissimo, perché di solito il prezzo della camera è lo stesso o varia di poco.

In ogni caso, non prenotate niente con troppo anticipo (io al massimo prenoto a metà giornata per la sera stessa) a meno che non siate assolutamente certi del vostro itinerario e non si tratti di località gettonatissime in alta stagione.

Altra soluzione è il campeggio, molti parchi e riserve sono ben strutturati per questo. Dormire all’interno dei parchi è a volte possibile, ma i lodge costano cari e finiscono presto.

Una soluzione illegale ma funzionale è dormire in macchina. Durante una traversata USA l’ho fatto per 17 notti su 33, risparmiando cifre da capogiro. E’ dura e di notte fa freddo anche in estate, ma in certi casi è un’ottima idea. Ribadisco che è illegale: se vi beccano, voi negate fino alla morte. Stavate solo riposando un attimo gli occhi prima di rimettervi alla guida.

È un viaggio costoso?

Il costo della vita nelle metropoli è indiscutibilmente alto, a volte stratosferico (specie dopo il COVID). Ma qui parliamo di un viaggio on the road nel Sud Ovest USA e non di New York o Los Angeles, quindi la risposta giusta è: dipende. (Prima la risposta era: meno di quello che si possa pensare).

Dipende in primis dal cambio usd/euro e dalle vostre pertese in fatto di cibo e alloggio. Dopo il COVID l’inflazione è esplosa in USA, l’ultimo panino all’aeroporto di Denver l’ho visto esposto a 16.99 dollari + taxes (maggio 2023).  Ma il noleggio auto continua a costare solitamente meno che altrove (anche se parecchio più di prima). Stesso discorso per la benzina: costava molto meno che in Europa, ora costa sempre meno che in Europa ma non è più il bengodi dove macinavi miglia su miglia a costi irrisori (nota: ogni stato ha il suo prezzo alla pompa).

Naturalmente se viaggiate in compagnia le spese si abbatteranno drasticamente perché a quel punto dividerete tutto: macchina, benzina, alloggi. E anche l’Annual pass per i parchi (vedi sotto).

Parchi americani: quanto costa l’ingresso?

L’ingresso ai National Park (NP) costa relativamente poco: un Annual Pass costa 80 usd ma vale per il veicolo a prescindere dagli occupanti. E’ valido per 365 giorni e per tutti i National Park americani, da est a ovest. Ecco quindi un’altra voce di costo abbattuta per chi non viaggia da solo.

Ma attenzione: questo pass annuale non vale per gli State Park (SP) e per i ben più costosi Tribal Park (TP), dove dovrete sganciare a parte. Vi avviso, i Tribal Park (parchi gestiti dai nativi) costano davvero cari: solo la Monument Valley vi stacca 20 usd (a macchina), mentre un Upper Antelope può arrivare a 48 usd a persona. La dura legge dei Navajo.

Informazioni sugli Annual pass qui.

Parchi americani: conviene fare il pass annuale?

Assolutamente sì. Lo ammortizzate già con tre parchi nazionali, e con questo itinerario ne vedrete di più. Molti di più.

È un viaggio pericoloso?

Ma che. Guardiamo tutti troppi film. La guida è estremamente tranquilla e rilassata, con traffico inesistente, strade immense e limiti di velocità avvilenti. Ho guidato in USA circa 15.000 miglia (25.000 km) e non ho mai visto un incidente. La delinquenza in queste zone nemmeno dovete prenderla in considerazione.

È un viaggio adatto ai bambini?

Sì. Chiaramente se la vostra progenie è di quelle che smateriano già dopo dieci minuti di gita in macchina della domenica…magari pensateci bene.

È un viaggio da fare da soli?

Affrontare queste zone degli Stati Uniti da solo in automobile è stata per me un’esperienza di viaggio fondamentale che consiglio senza riserve a chiunque abbia voglia di mettersi alla prova. Le difficoltà non saranno di ordine logistico, come accade per altre destinazioni come la Patagonia per dirne una, ma fisiche e psicologiche.

Vi ritroverete a guidare per 5-10 ore al giorno e magari giunti alla vostra meta potrebbe non esserci nulla se non un paesello composto da un benzinaio, un motel e un ristorantino. Sarete per grandissima parte del tempo soli: voi, la vostra auto e i vostri pensieri. Le uniche compagne costanti saranno loro: la Strada e la Natura. Dal mio punto di vista è semplicemente impagabile, ma per qualcuno potrebbe essere un viaggio provante se affrontato in solitudine.

 

 


SUD OVEST USA ON THE ROAD: ENTRIAMO NEL VIVO

La mappa è precisa, ma non contempla le molte deviazioni che dovrete fare per visitare le varie attrazioni (segnalate). Vi illustro cosa incontrerete seguendola in senso antiorario.

PARTE #1:
LAS VEGAS – ROUTE 66 – CANYON SOUTH RIM (470km)

Fate ciao ciao con la manina alla civiltà, allo sfarzo, alle luci, alla vita mondana: se volete togliervi qualche sfizio di natura prettamente edonistica, Las Vegas è la prima e ultima occasione per farlo. Per le prossime settimane, ve ne auguro almeno tre, aspettatevi giusto qualche bistecca di bisonte o hamburger di daino annaffiato da qualche birretta non troppo saporita.

Route 66

…la sensazione è di trovarsi dentro a un’estesa tourist trap per nostalgici cresciuti a pane e Happy Days.

Itinerario Southwest USA : si parte con la Route 66

Si comincia con un tuffo nella storia (e con una prova muscolare di marketing americano), scendendo fino a Kingman per percorrere un segmento della Route 66, la ‘Madre di tutte le strade’. Nella sua interezza la Route 66 collega Chicago (Illinois) a Santa Monica (California): qui se ne percorrono circa 215 km (su un totale di 3755) per poi virare verso nord alla volta del Grand Canyon South Rim.

La Mother Road e le cittadine che questa strada attraversa hanno una storia intrisa di sofferenza, speranza e rinascita che la letteratura e il cinema hanno celebrato in tanti modi, dal toccante Furore (adattamento di un libro memorabile) al più recente e divertente Cars.

Vale la pena spenderci due parole: la Route 66 era la via di salvezza per i poveri del Midwest che cercavano nella California la terra promessa durante gli anni del terribile Dust Bowl, il cataclisma che flagellò le terre dell’America centrale tra il 1931 e il 1939.

Masse di disadattati migrarono a bordo di improbabili mezzi sfidando ogni legge della meccanica e della fisica per sfuggire alla miseria che si era presentata all’improvviso sotto le spoglie di spaventose tempeste di sabbia causate da un uso improprio dei terreni e delle tecniche di coltivazione.

Successivamente, la costruzione dell’Interstate 40 rese obsoleta la Route 66 e di fatto bypassò molte cittadine che si ritrovarono prima isolate, poi moribonde e infine abbandonate.

Ma gli americani non dormono e quel poco di storico che hanno sanno valorizzarlo: anche grazie a produzioni come il già citato Cars e a un’operazione di restyling che ha rinominato la strada Historic Route 66, negli ultimi decenni c’è stato un indiscutibile revival e cittadine come Seligman si sono ritrovate di nuovo al centro di un flusso costante di visitatori.

Detto questo, se volete la mia opinione smaliziata eccola: dopo averla attraversata tutta da Chicago a S. Monica posso dirvi in tutta sincerità che al di là del valore storico, se state esclusivamente sul tracciato quasi tutto si riduce a trovate spudoratamente turistiche. E il panorama, seppur godibile in certi tratti specialmente in New Mexico, Arizona e California, non può in nessun modo competere con quanto vi dischiuderanno le scenic byway che incontrerete più avanti.

Per tornare al segmento in questione, comunque piacevolissimo alla guida, a Kingman potrete visitare un museo sulla Route 66 e a Seligman vedrete diversi shop che richiamano i tempi che furono tra cimeli, insegne vintage, commemorazioni, diner e macchine d’epoca…ma la sensazione è di trovarsi dentro a un’estesa tourist trap per nostalgici cresciuti a pane e Happy Days. Non ho mai incontrato un viaggiatore navigato o smaliziato impazzire per prendersi un hot dog in un ristorante a tema o per essersi fatto una foto al Degadilllo’s Gift Shop di Seligman tra mille cianfrusaglie.

Quindi Route 66 bocciata? Dipende. A mio parere un viaggio lungo la Mother Road ha un senso se lo si prende come un modo per conoscere la provincia americana, per imparare qualcosa sul Dust Bowl e se oltre a scovare i landmark di interesse storico (alcuni veramente ridicoli agli occhi di un europeo) ci si prende la briga di deviare dal tracciato per raggiungere le attrazioni circostanti. Animo ragazzi, perché a proposito di deviazioni in questo tratto ne trovate una che vi porta dritti dritti al simbolo dell’Arizona: sua maestà Grand Canyon.

Per un approfondimento sulla Route 66 vi consiglio l’articolo Route 66: vale davvero la pena percorrerla tutta?

Nota: potreste decidere di usare Williams come base per visitare il Grand Canyon South Rim. A dire il vero da Williams potreste addirittura arrivare al Grand Canyon usando un treno, caso più unico che raro in USA dove senza macchina non vai praticamente da nessuna parte. Tutto tremendamente turistico, naturalmente.

Grand Canyon South Rim (Arizona)

…una creazione inconcepibilmente vasta, che dal South Rim il vostro occhio spesso non riesce a decodificare per quello che è: un titanico taglio nella terra.

Parchi americani del Sud Ovest: Grand Canyon South Rim
Il mio zaino ammira solitario il Grand Canyon dal South Rim

Dovete pensare al Grand Canyon come a una gigantesca ferita inferta al nostro pianeta. Il responsabile principale: il Colorado river. Il fiume ha scavato per milioni di anni il terreno portando alla luce strati di rocce primordiali che venti, piogge, ghiaccio si sono poi divertiti a scolpire, cesellare e plasmare nei millenni.

Il risultato: una creazione inconcepibilmente vasta, che dal South Rim il vostro occhio spesso non riesce a decodificare per quello che è: un titanico taglio nella terra. Profondo circa 1500 metri, con distanza tra media tra le due sponde che arriva appena a 15 km (29 nel suo punto massimo). Eppure non esiste un modo per arrivare da un bordo all’altro in modo rapido su strada: tocca guidare almeno 5 ore.

Il South Rim sorge a 2160 metri in un clima desertico, è la sponda di gran lunga più visitata (il 90% dei turisti sceglie il South Rim), con più ricettività, aperta tutto l’anno e con un numero impressionante di punti di osservazione. Il colpo d’occhio sul Grand Canyon è più ampio che al North Rim e le possibilità di trekking per scendere fino al Colorado sono sicuramente maggiori.

Eppure l’incredibile affollamento penalizza l’esperienza, soprattutto in estate. In autunno le cose migliorano, ma scordatevi un tramonto in santa pace, sarete fortunati se non ci sarà gente che sbraita attorno a voi o che non vi invade la visuale coi selfie stick.

In inverno potreste avere il privilegio di vederlo innevato e con poca gente attorno, ma siamo sempre in altura e potrebbe essere tutto bloccato per maltempo.

Due strade consentono l’accesso a una miriade di punti panoramici, mentre per chi vuole camminare c’è solo l’imbarazzo della scelta, dal Rim Trail che costeggia la sponda ai vari sentieri che scendono più o meno a fondo nel canyon (Bright Angel e South Kainab i più quotati).

Una regola valida per ogni canyon: se scendete, la temperatura aumenta vertiginosamente perché le pareti intrappolano e amplificano il calore. In estate parliamo anche di oltre 40 gradi. Tenetene conto se decidete di fare trekking, c’è gente che c’è rimasta secca e le autorità non perderanno occasione per ricordarvelo.

Se non volete usare la macchina e non avete tutta questa voglia di camminare c’è un sistema di navette che vi scarrozza lungo tre linee. Se poi volete strafare, prendetevi un volo aereo o un elicottero per sorvolare il Colorado e siete veramente al top.

Lo dico: senza nulla togliere all’incommensurabile bellezza, maestosità, vastità del South Rim, è davvero tutto un po’ troppo pulito, lindo e pinto. Almeno per i miei gusti. Sono più tipo da North Rim.

Sito ufficiale qui.

Altra veduta del Grand Canyon South Rim (Sud Ovest USA)

PARTE #2
GRAND CANYON SOUTH RIM – NORTH RIM – KANAB (466km)

 

Quello che ieri vedevate da una sponda, oggi sarà il vostro punto di osservazione, 300 metri più in alto e distante 16 km in linea d’aria. Non fatevi ingannare: quei 300 metri in più cambiano tutto e quei 16 km diventano almeno 5 ore di guida.

Grand Canyon: North Rim (Arizona)

…dal North Rim si riesce a interpretare decisamente meglio la forma del Grand Canyon. Il vero plus è che si può farlo senza folle oceaniche intorno.

Gran Canyon North Rim (Arizona)
Grand Canyon North Rim: una percezione diversa

Già guidando per l’invitante strada che passa dal Jacob Lake si capisce che siamo in tutto un altro ambiente: c’è una fitta vegetazione fatta di pioppi e abeti, ci sono prati più o meno in fiore e pali misura neve ai lati della carreggiata. E una volta arrivati risulta subito evidente una cosa: l’esperienza è totalmente diversa rispetto al South Rim.

Ci sono meno turisti, molti molti molti meno e l’altitudine più elevata rispetto all’altra sponda permette di vedere ‘il tetto’ del canyon. Anche il Colorado river, il principale indagato del misfatto, è più riconoscibile. In sostanza dal North Rim si riesce a interpretare decisamente meglio la forma del Grand Canyon. Il vero plus è che si può farlo senza folle oceaniche intorno.

Di contro, il colpo d’occhio è meno impressionante, ma se devo indicare una preferenza la do’ a questa sponda per l’esperienza più intima che offre. Se desiderate fare trekking e scendere nel canyon, al North Rim troverete meno opzioni ma c’è comunque modo di arrivare al Colorado river anche da qui.

Attenzione: raggiungibile solitamente da metà maggio e fino a quando le nevicate non bloccano l’accesso, ma da metà ottobre le strutture ricettive chiudono bottega. Tradotto: chiuso in inverno.

Sito ufficiale qui.

Grand Canyon North Rim: un'esperienza più intima

Sulla via per il Gran Canyon North Rim (Arizona)
Il panorama montano della strada che porta all’isolato North Rim

Kanab (Utah)

Un piccolo paesello dello Utah vicino al confine con l’Arizona. Piazzatevi in qualche motel scalcinato e respirate a pieni polmoni, siete in pieno deserto. Kanab è un’ottima base per visitare le attrazioni circostanti: Toroweap Point e Coral Pink Sand Dune. Da Kanab potreste visitare abbastanza agevolmente anche Zion NP, ma nell’itinerario è inserito al ritorno perché è sulla via per Las Vegas dopo Bryce Canyon. Decidete voi.

Suggerimento: per fare in unico giorno South Rim – North Rim – Kanab dovete essere mattinieri. Se invece partite a metà giornata dal South Rim sarete costretti ad andare direttamente a Kanab e da li visitare il North Rim il giorno seguente, tornando poi a Kanab magari dopo una capatina al Coral Pink (vedi sotto).
Per capirsi:
Kanab – North rim: 128 km in 1h 30min ore solo andata
Kanab – Toroweap: 125 km in 3h 20min solo andata (di cui 2 ore di sterrato con 4×4)

Scordatevi quindi di fondere troppa roba in un giorno. Il Southwest ha i suoi tempi.

PARTE #3
DINTORNI DI KANAB

Se avete un 4×4 ci sarà da divertirsi. Se non ce lo avete o se non ve la sentite di guidare su una strada impegnativa, mi spiace ma niente Toroweap point.

Toroweap point (Arizona)

Toroweap point offre una visuale ancora diversa e assolutamente privilegiata del Grand Canyon.

Distanza da Kanab: 125 km in 3h 20min solo andata (di cui circa 3 ore di sterrato con 4×4)

Ecco una vera chicca. Qui rischiate davvero di essere soli. Toroweap point offre una visuale ancora diversa e assolutamente privilegiata del Grand Canyon: siete a 800 metri esattamente sopra il Colorado river, messi di taglio. Qui siete in qualche modo dentro la feritoia.

Per arrivarci da Kanab si imbocca la Sunshine Road 13km dopo Fredonia, uno sterrato di 98 km (circa 3 ore) costellato di rocce aguzze che ci stuzzicano con un ‘alto rischio di foratura’ (così dicono i cartelli). 4×4 obbligatorio. Io che non sono certo un esperto di off road l’ho fatto abbastanza agevolmente anche con la pioggia, ma c’è da stare in campana soprattutto nelle ultime due miglia dove si rischia di sfasciare gomme, sospensioni e asse.

A Toroweap ero solo, c’erano solo due autoctoni che avevano per l’appunto bucato e che ho caritatevolmente caricato in macchina. Si chiedevano cosa diavolo ci facessi lì. Potete anche fare qualche trail (in appena 6.5 km si arriva al Colorado da qui!) o andare alla ricerca di altri punti panoramici, ma calcolate bene il tempo perché quelle rocce spacca pneumatici saranno sempre li ad aspettarvi al ritorno.

Suggerimento: se partite presto da Kanab (e non forate) al ritorno potreste avere tempo per godervi un tramonto di fuoco targato Utah al Coral Pink Send Dunes.

Ancora più remoto e isolato: Toroweap point (Arizona)
Toroweap: esattamente sopra il Colorado river

Lo sterrato per Toroweap: obbligatorio il 4x4

Sud Ovest USA, verso Toroweap point: lo sterrato ad alto rischio foratura
Lo sterrato ‘ad alto rischio foratura’

Coral Pink Sand Dunes SP (Utah)

Quei luoghi che fatichi a spiegarti ma che al tramonto coronano giornate già di per sé memorabili

Poco fuori Kanab, distese di sabbia tendete al rosa/arancione a seconda della luce. Quei luoghi che fatichi a spiegarti ma che al tramonto coronano giornate già di per sé memorabili. Perfetto infatti al ritorno da Toroweap, dove tanto non potreste attardarvi fino a che non muore il giorno considerato il solito sterrato che spero non vorrete affrontare immersi nelle tenebre dell’Arizona.

Sito ufficiale qui.

Tramonti memorabili al Coral Pink Sand Dunes (Utah)
Tramonti memorabili al Coral Pink Sand Dunes

PARTE #4
TRA KANAB E PAGE (120km)

Questo tratto di strada (AZ89) è già un’attrazione: un tipico desert trip con paesaggio dominato dall’ocra e dal rosso. Non che la AZ89A percorsa per arrivare a Kanab sia da meno, anzi. Quello che si nasconde però tra Kanab e Page è forse il gioiello più incredibile, esclusivo e prezioso di tutto il Sud Ovest degli Stati Uniti: ma trattenete l’entusiasmo perché riuscire a vederlo è una vera e propria battaglia disperata contro la statistica.

The Wave (Arizona)

Trovarsi al cospetto di The Wave è puro privilegio, concesso a pochissimi fortunati al giorno.

Il gioiello più esclusivo del Southwest USA: The Wave

Nessun posto, credo, nella mia vita mi ha impressionato come The Wave. Avete visto le sue foto ovunque, e magari non sapete che si tratta di questo luogo cesellato dagli elementi. In un ambiente desertico che più desertico non si può, in un tripudio di ocra, arancione, cremisi e mille tonalità del rosso, i venti, le piogge e le inondazioni hanno plasmato immense formazioni rocciose dove le linee rette sono bandite.

Il nome ‘The Wave’ (l’Onda) è senz’altro azzeccato ma se si fosse chiamata ‘Immenso skate park scolpito nella roccia’ non avrei avuto da ridire (almeno sostanzialmente).

Oltre all’Onda, tutto intorno, un giardino di formazioni rocciose che ricordano creazioni di valenti maestri pasticceri: avete presente un profiterole di roccia? No immagino, ma se riuscite ad arrivare qui capirete cosa intendo.

E arriviamo alle note dolenti: solo 20 (venti!) persone sono ammesse al sito ogni giorno e, cosa bizzarra, per assicurarsi i preziosi permessi si deve…vincere una lotteria. Sissignore: 10 posti messi in palio online (ho perso tre volte), 10 posti messi in palio ogni mattina dai ranger del Kanab BLM office, che vi allieteranno con un’estrazione all’americana che manco al bingo.

Se risulterete miseramente perdenti alle estrazioni online (a cui vi dovrete iscrivere con mesi di anticipo!), non vi rimarrà altro che alzarvi presto, raggiungere il luogo dell’estrazione, pagare un altro biglietto e incrociare le dita.

Ai vincitori verrà data una mappa, perché il giorno seguente dovranno arrivare a The Wave con un trekking (2/3 ore sola andata a seconda del vostro passo) in un ipnotizzante scenario desertico costellato di formazioni rocciose (buttes) dove un clima secco oltre ogni misura sarà lì a succhiare via liquidi con la tipica voracità del deserto.

Il trekking varrebbe già da di per sé l’escursione per ecosistema e paesaggi incontrati:

Verso The Wave: hiking nel deserto

Verso The Wave: ancora forme di vita

Hiking verso The Wave: ancora forme di vita

L'ambiente desertico del North Coyote Buttes
Verso The Wave

I ranger pomperanno a dismisura la faccenda, narrandovi di eventi tragici: morti per disidratazione, per colpi di calore, di gente sbranata dai coyote, morsa da serpenti a sonagli o mai più ritrovata. Sono americani, tutto è uno show.

In realtà se seguite i classici sassi ammucchiati, non vi perderete. Almeno io non mi sono perso, ma ero così estasiato dalla trionfale estrazione che sarei stato contento anche di capitolare, in quel glorioso giorno di settembre.

Trovarsi al cospetto di The Wave è puro privilegio, concesso a pochissimi fortunati al giorno. Richiede organizzazione preventiva, logistica, tempo e buona forma fisica. E naturalmente una grandissima dose di culo.

Informazioni sui permessi e sulla proibitiva lotteria qui.
Vi avverto, il sito fa abbastanza schifo, armatevi di santa pazienza.

Suggerimento: nel remoto caso vinciate l’estrazione presso i ranger, dopo aver ricevuto permessi, mappa e briefing di stampo terroristico, schizzate verso Page e visitate i suoi dintorni (vedi prossimo paragrafo). Impiegate cioè il vostro giorno di attesa per avvantaggiarvi sull’itinerario, tornerete poi verso The Wave dopo una notte a Page. Se invece vincete la lotteria via Internet saprete già il giorno esatto in cui dovrete fare l’escursione e quindi potrete andare a Page dopo The Wave.

The Wave: ottimo anche per tenersi in forma
The Wave: ottimo anche per tenersi in forma

Dintorni di The Wave: formazioni rocciose

Altre formazioni rocciose nei dintorni di The Wave
The Wave e dintorni: sembra impossibile ma è tutto vero
Hamburger di pietra a The Wave (Arizona)
E per finire un hamburger di pietra. Siamo pur sempre in USA.

PARTE #5
PAGE e DINTORNI

Personalmente adoro l’area che corre sul confine tra Utah e Arizona, guiderei una vita per queste strade senza stancarmi mai. Lingue d’asfalto a parte, una delle peculiarità dei dintorni di Page è costituita dalla fitta presenza dei cosiddetti slot canyon, ossia feritoie della terra tutte da esplorare.

Upper/Lower Antelope Canyon Tribal Park (Arizona)

Se entrare nell’Upper è come varcare la soglia di una cattedrale devota a qualche entità sovrannaturale, scendere nel Lower è come addentrarsi nel ventre di un drago.

Upper Antelope canyon e il Lower Antelope canyon sono due luoghi sacri per i nativi: e infatti oggi sono (costosi) Tribal Park gestiti dai Navajo. Sono molto diversi tra loro, ma hanno due cose in comune:
1 – Strabordano di turisti (soprattutto l’Upper)
2 – Visitandoli nelle giuste ore, quando i raggi del sole risultano perpendicolari e la luce si diffonde dalle feritoie dello slot canyon…beh, giudicate voi:

Upper Antelope (Arizona)
Upper Antelope

Se entrare nell’Upper è come varcare la soglia di una cattedrale devota a qualche entità sovrannaturale, scendere nel Lower è come addentrarsi nel ventre di un drago. Attorno a voi l’ocra e il rosso delle pareti smussate dal vento e dall’acqua si accendono di colori incandescenti.

Ad aiutarvi per districarvi nella discesa/salita e nel passaggio attraverso alcune feritoie troverete delle scali a pioli, istallate per motivi di sicurezza: siamo in piena zona flash flood, le pericolosissime inondazioni lampo. Una di queste uccise undici escursionisti dentro il Lower il 12 agosto 1997 e da quel momento si pensò a un modo per agevolare l’uscita in caso di emergenze.

La prima volta che mi sono addentrato nel Lower era ancora possibile farlo senza guida, la mia unica sfortuna fu trovarmi in coda a un manipolo di nipponici dallo scatto compulsivo. Tragedie e maniaci del selfie a parte, se azzeccate una giornata soleggiata e siete nell’orario giusto sarà un ricordo immortale.

Lower Antelope (Arizona)
Lower Antelope

Horseshoe Bend (Arizona)

Sosta obbligata che può però aumentare le vostre tendenze sociopatiche.

Horseshoe bend: bello, ma potreste voler uccidere qualcuno
Bello, ma potreste voler uccidere qualcuno

Poco fuori da Page, uno dei luoghi più fotografati del Southwest: il Colorado river che fa una curva a forma di ferro di cavallo attorno a un’immensa formazione rocciosa proprio davanti a voi, in una escalation di ocra, azzurro e schiamazzi. Si parcheggia e con una semplice camminata di venti minuti sotto un sole che vi martella la testa eccovi alla terrazza panoramica dove incontrerete la solita masnada di fotografi compulsivi e relativa selva di selfie stick. Sosta obbligata che può però aumentare le vostre tendenze sociopatiche.

Lake Powell (Arizona)

…un azzurro vividissimo che ‘lacera’ un territorio dominato dalle tinte dell’ocra.

Lake Powell (Arizona)

All’interno della vastissima Glen Canyon Recreation Area che si estende tra Utah e Arizona, un grande lago artificiale dalle sponde frastagliate dove fare escursioni in barca, andare a pesca o fare sport acquatici. Anche se non siete interessati all’ambiente lacustre sarà comunque un prezioso complemento allo strepitoso panorama desertico della zona: un azzurro vividissimo che ‘lacera’ un territorio dominato dalle tinte dell’ocra. La prossima volta un giro in barca lo faccio, giuro.

Sito ufficiale qui.

PARTE #6
TRA PAGE E CORTEZ (circa 470km)


Dovreste già avere gli occhi sanguinanti per quello che avete visto fino a qui, ma in questo tratto non si cala di intensità. Si guida in un ambiente arido ma mai sterile, sormontati da un cielo blu che proprio non ne vuole sapere di finire. Ecco gli highlight da suddividerei in un paio di giorni:

Monument Valley Tribal Park (Arizona/Utah)

…indubbiamente uno dei luoghi simbolo degli USA.

Monument Valley Tribal Park

Questa la conoscete tutti, indubbiamente uno dei luoghi simbolo degli USA. E’ un parco tribale ed è strapieno di gente praticamente tutto l’anno. Potete guidare all’interno di una pista e girare attorno alle inconfondibili formazioni rocciose, oppure noleggiare un costosissimo cavallo. Lo dico, a me la Monument Valley non fa impazzire: di giorno la trovo visivamente piatta e invivibile tanto da sembrare un luna park, tra gente che gioca a fare John Wayne e comitive starnazzanti a bordo di furgoncini 4×4. Ma merita, merita tantissimo al calare del sole e la strada per arrivarci, soprattutto quando il cielo del pomeriggio inizia a infuocarsi, è da sturbo.

Suggerimento: guidate verso la Monument in tardo pomeriggio e godetevi metro per metro l’asfalto, per poi rimbambirvi davanti al tramonto nel parco. Farà freschetto. Poi cercatevi un posto per dormire verso Mexican Hat (è sempre bello pieno) e la mattina ripartite proseguendo con l’itinerario.

Gooseneck SP – Muley Point – Valley of the Gods (Utah)

Se passate per il Southwest non potete davvero perdervi una deviazione come questa.

Questo trittico rappresenta una deviazione imperdibile spesso inspiegabilmente taciuta. Al Gooseneck SP vedrete il S. Juan river assumere la forma di una serpentina (un po’ come all’Horseshoe Bend), mentre al Muley Point vi sentirete davvero piccoli: il vostro occhio spazierà oltre ogni immaginazione, con la Monument Valley che si erge in lontananza su un orizzonte che non conosce fine. Se avessi il teletrasporto, credo che ora chiedere di essere catapultato proprio al Muley. Invece per arrivarci tocca arrampicarsi su per una mulattiera da infarto tutta tornanti chiamata Mokey-Dugway, il che aggiunge pepe.

Dopo il Muley vi aspetta la Valley of the Gods, uno sterrato di 27 km (solitamente fattibile anche senza 4×4) costellato di giganteschi monoliti in arenaria. Se passate per il Southwest non potete davvero perdervi una deviazione come questa.

Isolo in mappa il percorso che dalla Monument passa per Gooseneck, Muley Point e Valley of the Gods. Seguitelo e mi ringrazierete:

Gooseneck SP
Gooseneck SP: una delle tre curve del S. Juan che vi troverete davanti. Anzi sotto
Muley point: deviazioni che valgono la pena
Datemi un teletrasporto e mi catapulterò al Muley
Valley of the Gods
Valley of the Gods: la degna conclusione per una deviazione imperdibile

Mesa Verde NP (Colorado)

Se arrivate fino a Cortez (Colorado) è sicuramente per vedere il Mesa Verde NP, un parco che si distingue per evidenze relative alla presenza di civiltà precolombiane scomparse misteriosamente attorno al 1300 dc.

Scordatevi l’imponenza di un sito archeologico Maya o il timore reverenziale che sa incutere una piramide egizia, ma troverete una meritevolissima cittadella ricavata da una gigantesca parete rocciosa (cliff-dwelling) e altri resti sparsi qua e là (devo dire non esattamente avvincenti). Il tutto in un ambiente montano che rappresenterà un frizzante diversivo dopo giorni di ostinato deserto.

Naturalmente si può fare anche trekking. Aspettatevi tramonti infuocati su cieli sconfinati.

Sito ufficiale qui.

Mesa Verde (Cliff Dwellings)

Mesa Verde cliff-dwelling: un ranger espone
Mesa Verde cliff-dwelling: un ranger espone

PARTE #7
CORTEZ – MOAB (185km) + DINTORNI DI MOAB

Dal Colorado di nuovo nello Utah: Moab è un centro turistico, piccolo, organizzatissimo e affollatissimo su cui fare base per visitare due imperdibili parchi nazionali e sollazzarsi tra sterrati, view point e strade panoramiche. Colore dominante: rosso fuoco.

Suggerimento: se non poltrite sul letto e siete scattanti da Cortez di prima mattina, potete già visitare una parte di Canyonlands (distretto The Needles) sulla via per Moab salvando molto tempo.

Canyonlands: Island in the Sky, The Needles, The Maze (Utah)

A Canyonlands il tempo sembra essersi fermato qualche decina di milioni di anni fa, con buona pace dei creazionisti.

Il più sconfinato parco dello Utah è costituito da tre sezioni distinte e non collegate tra loro: Island in the sky (la più visitata e accessibile), The Needles (più remota, meno visitata e impegnativa alla guida), The Maze (la meno visitata, un vero e proprio inferno di rocce aguzze affrontabile solo a bordo di alti fuoristrada da gente parecchio scafata).

A Canyonlands il tempo sembra essersi fermato qualche decina di milioni di anni fa, con buona pace dei creazionisti. Si ha l’opportunità di vedere il nostro pianeta nel suo aspetto più primordiale: un ambiente aspro, arcigno e ostile dove la presenza dell’uomo parrebbe non essere stata ancora contemplata. E in effetti, al di fuori di Island in the Sky, ci sono buone probabilità di essere completamente soli o quasi.

Canyonlands è uno di quei luoghi che meriterebbe almeno due giorni interi, ma molti si limitano a una capatina veloce a Island in the Sky, piccolo e facile da visitare, famoso soprattutto per l’incredibile Mesa Arch (altro view point stellare).

Se avete un 4×4 assolutamente da fare la Potash Road + Shafer Trail, un percorso combinato su sterrato che da Moab porta in circa 3 ore all’entrata di Island in The Sky. Sono due strade magnifiche che richiedono cautela e nervi saldi per affrontare i tornanti stretti dello Shafer che come sempre non hanno protezioni.

Come per ogni sterrato vanno verificate le condizioni in loco prima di imbarcarsi nell’impresa, che presenta le sue difficoltà:

Potash Road e Shafer trail: meglio un 4x4

Ancora sterrato verso Island in the Sky (Canyonlands, Utah)

Verso Island in the Sky: ancora sterrato

Ma dai tornanti finali il panorama stravale ogni sforzo:

Alle porte di Island in the Sky (Canyonlands, Utah)

The Needles mi ha invece catapultato nel Giurassico, mancava solo l’aleggiare dello pterodattilo sulla mia testa. La guida dentro questo distretto è impegnativa, molto impegnativa, sono rimasto incagliato su una pista rocciosa classificata ‘intermedia’ (vedi foto), ritrovandomi sospeso a mo’ di bilanciere sopra un masso che avevo bellamente sottostimato.

Ne sono uscito solo grazie all’aiuto di un obeso: ho sfruttato meschinamente i suoi 130 kg facendolo stendere sul cofano della mia GMC per farmi da contrappeso. God bless America and junk food!

Guida nel settore The Needles (Canyonlands, Utah)
L’insidiosissima strada ‘intermedia’

Non ho incontrato nessun’altro a parte Mark, un ragazzo americano con una sfiziosissima desert car che mi ha scattato questa:

Sud Ovest USA: The Needles (Canyonlands, Utah)

Fatevi un favore: non limitatevi a scattare due foto al Mesa Arch, dedicate più tempo che potete a questo parco perché poi nei prossimi sarete verosimilmente sommersi dalla folla.

Sito ufficiale qui.

Mesa Arch (Island in the sky, Canyonlands, Utah)
Mesa Arch: saliteci sopra o guardateci attraverso (foto da Google)

Arches NP (Utah)

…un altro di quei parchi ‘imperdibili’ ma troppo addomesticati, come il Grand Canyon South Rim. Se però, oltre a imbambolarvi davanti agli archi, vi concedete una bella sgambata ecco che le cose cambiano.

Se dalle parti di Page la furia degli elementi ha forgiato forme talmente sinuose che verrebbe voglia di assaporare le rocce col cucchiaio, nei dintorni di Moab ha dato vita a una serie di archi naturali di arenaria. Ad Arches NP, poco fuori Moab, troverete una sconfinata quantità di queste creazioni, le cui misure variano dal ‘grande’ al ‘titanico’. Ogni tanto qualche arco collassa sotto l’incessante azione degli agenti atmosferici: in USA la terra è geologicamente più giovane e come si sa i giovani sono più irrequieti e propensi a fare casini.

Delicate Arch (Arches, Utah)
Delicate Arch (foto presa da web)

L’arco più imponente e visitato è il Delicate Arch (18 metri), che si erge al limitare di un anfiteatro naturale raggiungibile con una camminata piuttosto impervia che vi richiederà un’oretta a salire e una a scendere. Peccato sia sempre intasato di turisti. Quando collasserà il Delicate Arch, la botta la sentiranno fino al Grand Canyon.

Arches è indubbiamente un must see, ma non è tra i miei preferiti: un altro di quei parchi ‘imperdibili’ ma troppo addomesticati, come il Grand Canyon South Rim. Se però, oltre a imbambolarvi davanti agli archi, vi concedete una bella sgambata ecco che le cose cambiano.

Ho un vividissimo ricordo del Devil’s Garden + Primitive Loop, un itinerario escursionistico combinato di 13 km veramente entusiasmante: oltre a incontrare parecchi archi (che sorpresa), ci si addentra in un ambiente desertico labirintico e primordiale, con passaggi anche abbastanza delicati su creste rocciose.

Sembra davvero di camminare come equilibristi sulla schiena di un dinosauro. Sconsigliato ai pigri, a chi soffre di vertigini e a chi ha lesinato sulla qualità delle scarpe da trekking. Da evitare assolutamente in caso di pioggia o rocce scivolose. Se piace il trekking e saltate questo trail vi meritate Ostia a ferragosto, altro che Southwest.

Sito ufficiale qui.

Sulle creste del Devil's Garden + Primitive Loop (Arches, Utah)

Ancora Devil's Garden + Primitive Loop (Arches, Utah)

Devil's Garden + Primitive Loop: 13 km di puro godimento
Devil’s Garden + Primitive Loop: 13 km di puro godimento

Dead Horse point SP (Utah)

Pagherei un mese di stipendio per godere di un tramonto in completa solitudine al Dead Horse point.

Dead Horse point: uno dei view point migliori del Southwest

Assieme al Muley, il mio viewpoint preferito del Southwest sta in questo microscopico State Park. Al tramonto tutto si accende di un rosso che deve essere quello dell’inferi, col Colorado che compie una strettissima curva davanti sotto di voi sormontato da canyon, pinnacoli e altre diavolerie di arenaria. Duro, durissimo da dimenticare, ma molto più affollato e rumoroso del Muley. Pagherei un mese di stipendio per godere di un tramonto in completa solitudine al Dead Horse point.

Suggerimento: visitate il Dead Horse di ritorno da Island in the Sky. Potete vivere un’intera clamorosa giornata con Potash Road+Shafer Trail, visitare il Island in the Sky e uscire per la strada asfaltata principale puntando dritti al Dead Horse point. Poi naturalmente di nuovo Moab.

PARTE #8
TRA MOAB e LAS VEGAS (circa 800 km deviazioni escluse)

Siamo alla svolta, si torna verso sud-ovest: da Moab fino a Las Vegas si incontrano tantissime attrazioni tra cui spiccano due parchi poco visitati e due veri e propri mostri sacri: Bryce Canyon e Zion NP. Da segnalare due scenic byway da sognarsele la notte negli anni a venire: UT128 e UT12 (segnate in mappa). Una lunga tratta che può richiedere da un minimo di due giorni (vedendo poco) a più di una settimana. A voi la scelta.

Goblin Valley SP (Utah)

…mostriciattoli, castelli, torrioni e tutto ciò che vi può suggerire la vostra fantasia malata.

Goblin Valley: Utah o Marte?
Utah o Marte? (foto presa da web)

Se volete fare un giro su Marte, provate questo parco statale poco gettonato. Una valle rossa affollata di formazioni rocciose dalle forme più singolari: mostriciattoli, castelli, torrioni e tutto ciò che vi può suggerire la vostra fantasia malata. Tre i trail (facili, durata dai 45 minuti a 1 ora e mezza) in questo ambiente 100% Utah. O forse 100% Marte.

Sito ufficiale qui.

Capitol Reef NP (Utah)

…un modo eccellente per distaccarvi dalle folle…

Un parco nazionale poco visitato, attraversabile sia in macchina che contando sulle proprie gambe, caratterizzato da formazioni rocciose tra il giallo e il bianco che ricordano delle cupole. Quando ho intrapreso il percorso che parte dell’entrata del parco, in ottobre inoltrato, ero completamente solo a camminare tra le levigate pareti multicolore del canyon entro cui si snoda il trail (quello in foto non sono io ma è andata esattamente così).

Se siete in alta stagione può essere un modo eccellente per distaccarvi dalle folle che sicuramente staranno riversandosi febbrilmente su Arches, Bryce e Zion.

Parchi americani poco battuti: Capital Reef
Capitol Reef (foto presa da web)

Grand Staircase Escalante SP (Utah)

Per gente motivata che sa il fatto suo.

Un parco del Southwest per pochi: Grand Staircase Escalante
Grand Staircarse Escalante: un parco per pochi (foto presa da web)

Un altro parco poco affollato, ma stavolta per motivi ben precisi, che offre grandi possibilità di trekking per chi ha tempo, risorse e capacità organizzative. Non è un parco per tutti, qui c’è da camminare e c’è da sapersi organizzare logisticamente perché strutture e servizi sono ridotti all’osso.

La ricompensa però è delle più golose: una full immersion in una natura incontaminata, molto lontani da tutto e da tutti. Per chi invece è interessato agli sterrati, quattro strade tagliano il parco secondo diverse direttrici. Per gente motivata che sa il fatto suo.

Sito ufficiale qui.

Bryce Canyon NP (Utah)

Anche dopo aver visto The Wave, gli Antelope, Canyonlands o Arches, sembra davvero impossibile che sia tutta opera del vento, della pioggia e del ghiaccio.

Uno dei parchi del Sud Ovest più quotati: Bryce Canyon

Ancora gioie per la vista: qui al Bryce Canyon gli elementi hanno pazientemente scolpito un’infinità di pinnacoli nella roccia (hoodoos) pennellati del bianco, del giallo e del rosa. Anche dopo aver visto The Wave, gli Antelope, Canyonlands o Arches, sembra davvero impossibile che sia tutta opera del vento, della pioggia e del ghiaccio. Eppure è così (almeno dicono i geologi, io mi fido).

Salite in macchina, guidate, scendete, guardate, risalite in macchina. Dopo un po’ potrebbe venirvi a noia, specie se siete irrequieti come me: il mio consiglio è fare almeno uno dei trekking che scendono nel canyon. Si avrà la nettissima sensazione di stare all’interno di un gigantesco anfiteatro naturale scavato nella roccia.

Bryce è sempre affollatissimo, dall’alba al tramonto. Cercate di esserci quando il sole si alza sulle guglie o va a morire a ovest. Ne vale assolutamente la pena.

Suggerimento: arrivate di pomeriggio, fatevi qualche breve trail, godetevi il tramonto nel parco, andate a dormire nei paraggi, puntate la sveglia mezz’ora prima dell’alba, imbacuccatevi ben bene e piazzatevi in un view point rivolto ad est quando il sole sorge. Poi ripartite di slancio alla volta del prossimo pezzo da novanta lasciandovi alle spalle quanti più turisti potete. Ah, se le guglie vi hanno stufato e il tramonto è ancora lontano, potreste anche fare un salto al vicino Red Canyon: noleggiate un quad e buttatevi su qualche sterrato e poi tornate a Bryce per il tramonto.

Zion NP (Utah)

Più di 150km di sentieri escursionistici in questo parco gigantesco.

Zion NP: infinite possibilità di trekking

Se avete il vizietto del trekking potreste passare una settimana dentro lo Zion NP. Più di 150 km di sentieri escursionistici in questo parco immenso reso riconoscibilissimo da gigantesche formazioni rocciose tendenti al cremisi con striature rosa e bianche.

Un plus dello Zion è il sistema di navette: parcheggiate e vi muovete con quelle. Un esempio di perfetta organizzazione logistica targata USA. Animali a iosa lungo i bordi della strada, quasi vi verranno i rimorsi al prossimo maxi hamburger di cervo o daino. Il parco è raggiungibile anche da Kanab, nel caso voleste visitarlo all’inizio del giro.

Nel mio primo viaggio nel Southwest ho colpevolmente tralasciato questo capolavoro della natura: al mio secondo passaggio in queste zone gli ho dedicato un giorno e mezzo, e se dovessi tornare in questo selvaggio angolo di Utah programmerei tre giornate intere solo per sua eccellenza Zion.

Zion NP (Utah)

Lake Mead e Hoover Dam (Nevada/Arizona)

Cose che nell’economia della faccenda non incidono granché ma che vanno comunque menzionate: un’immensa diga (Hoover Dam) e il lago Mead, che a onor del vero offre una scenic drive niente male. Ma se avete seguito l’itinerario ormai sarete abituati a panorami dell’altro mondo, non sarà questo a farvi sgranare gli occhi.

 

Valley of Fire SP (Nevada)

Ancora deserto, ancora formazioni rocciose bizzarre (tra cui la Elephant Rock naturalmente a forma di pachiderma), ancora un luogo che da il meglio all’alba o al tramonto. Una degna conclusione prima di tornare nella rutilante Las Vegas.

Valley of Fire SP, Utah: Elephant Rock
Valley of Fire SP – Elephant Rock (foto presa da web)

PARTE #9
ESTENSIONE: UN SALTO IN CALIFORNIA PER LA DEATH VALLEY

…un insieme di attrazioni eterogenee dislocate lontane l’una dall’altra che richiede due cose: tempo e voglia di guidare.

La Death Valley è un parco sterminato che dista circa 200km da Las Vegas: siccome una volta arrivati si dovrà usare molto la macchina per muoversi da un’area di interesse all’altra, sconsiglio una toccata e fuga da Las Vegas in giornata (a meno che non vogliate stare sempre attaccati al volante).

Ancora più sconsigliati luglio e agosto: è una fornace con punte oltre i 50 gradi. Non è un parco che mi entusiasma, troppo dispersivo e senza un vero tratto distintivo, tranne forse per il caldo mortale in estate.

Definirei la Death Valley uno smisurato parco giochi naturale, un insieme di attrazioni eterogenee dislocate lontane l’una dall’altra che richiede due cose: tempo e voglia di guidare. Le mie preferite:

Zabrinski point

Un view point strepitoso all’alba (vale l’alzataccia se dormite nei pressi del parco) che si affaccia su tipiche badland, distese di formazioni rocciose ondulate che spesso diedero filo da torcere ai pionieri del diciannovesimo secolo (immaginare di doverle attraversare in carovana).

Zabrinskie point (Death Valley, California)
Zabrinskie point (foto presa da web)

Titus Canyon Road

Uno sterrato a senso unico che si imbuca dentro l’omonimo canyon. Stretto, consigliato un 4×4 non troppo ingombrante, ma anche un 2×4 potrebbe farcela se maneggiato con attenzione. Fate come sempre: chiedete a un ranger presso il Visitor Center. A me, che avevo più di un dubbio sulle dimensioni del mio SUV e sulla copertura assicurativa, un ranger paterno disse:

‘Figliolo, la tua assicurazione non copre danni sullo sterrato e il tuo SUV è bello grosso, hai ragione. Forse pioverà. Ma tu sei qui alla Death Valley ORA, e li c’è il Titus Canyon. Quindi, se fossi in te ecco cosa farei: farei inversione con quel tuo bel SUV e mi infilerei in quel fottuto canyon, ORA!’

Io amo i ranger, soprattutto se mi deliziano con queste uscite da film.

Dentro il Titus Canyon (Death Valley, California)
Titus canyon: come potevo deludere un ranger che mi chiama ‘figliolo’?

 

E poi ancora un cratere gigantesco (Ubehebe crater), un castello (Scotty’s castle), una pista da corsa naturale creata dai venti (Race track), dune di sabbia, montagne multicolori (Artists drive), una distesa di sale con forme aguzze chiamata Campo da golf del diavolo…e altre cosucce con nomi sempre creativi sparse qua e là.


SUD OVEST USA ON THE ROAD: CONCLUDENDO

Se quando pensate agli USA pensate solo alle metropoli, lasciatevelo dire, state prendendo un granchio. Stati Uniti fa prima di tutto rima con Natura, quella con la N maiuscola. In questo tour nei territori del Sud Ovest il ruolo principale lo reciteranno i grandi parchi, ma state sicuri che quasi ogni miglia macinata vi saprà ripagare con qualcosa da ricordare.

Non rimuginateci troppo, fatelo e basta: licenziatevi, datevi per morti o semplicemente prendete le ferie, noleggiate un mezzo e lanciatevi in questo viaggio on the road che segnerà inesorabilmente un nuovo termine di paragone per tutto quello che andrete a visitare in futuro.

 

 

©2018 Daniele Galassi
Stray Ermes – Travel blog di un randagio
www.ermes.blog

Le guide del blog sono e resteranno gratuite, stampabili e scaricabili in pdf. Se le hai trovate utili condividile per aiutare altri viaggiatori. Se poi decidi di iscriverti al blog e alla pagina Fb rischi di farmi contento. Un po’ di sostegno morale mi aiuterà a perseverare in questa faticaccia!

Daniele ERMES Galassi

Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!

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