Nepal, Annapurna circuit: consigli e cose che avrei voluto sapere prima di partire

Questa non è esattamente una guida classica, ma piuttosto una raccolta di consigli, suggerimenti e dritte di varia natura su come affrontare al meglio uno dei trekking più famosi e apprezzati del pianeta: il circuito dell’Annapurna in Nepal.

Nepal, Annapurna circuit: consigli e cose che avrei voluto sapere prima di partire

Non essendo questa una vera e propria guida, darò per scontato che tu sappia già qualcosa sull’Annaurna Circuit e che sia alla ricerca di dritte su temi caldi perennemente dibattuti.

Del tipo:

  • serve davvero una guida?
  • da che villaggio conviene cominciare? Dove è meglio finire? La parte finale vale ancora la pena?
  • sacco a pelo si o no?
  • come conviene impostare lo zaino?
  • come mi organizzo per l’acqua?
  • dormo a Thorong Phedi o High camp?
  • ce la faro o morirò per strada?

e così via. Se non sai nulla sul circuito dell’Annapurna e ti si è accesa una strana voglia, ti consiglio la guida linkata a fondo articolo. Non mi trovo troppo d’accordo su alcune cose (tipo suggerire settembre tra i mesi migliori mi are azzardato), ma è un ottimo punto di partenza per conoscere come funziona questo fantastico trekking.

Ecco quindi i miei 2 cents sull’Annapurna circuit, fatto tra fine ottobre e inizio novembre 2024 in autonomia, senza guida e naturalmente senza porter (ci mancherebbe).

1. Da dove parto? Parti dall’inizio (o quasi).

Come saprai se hai letto già qualcosa su questo trekking, dopo la costruzione della strada tutti i gruppi organizzati e quasi tutti i trekker bypassano la prima parte, saltando su una jeep a Besisahar e cominciando a camminare solo da Jagat, Dharapani o Chame. Non fatelo! La prima parte, quella da Besisahar a Jagat è stupenda. E si può fare tutta per sentieri bypassando quasi completamente la strada.

Campi di riso terrazzati, ponti sospesi acque roboanti, cascate, clima tropicale, affollamento zero anche in alta stagione. Se parti da Jagat o peggio ancora da più su ti perderai paesaggi, villaggi e vibrazioni che non troverete più lungo il cammino, perchè le cose salendo di quota cambiano drasticamente. Inoltre partire da valle migliorerà il proecsso di acclimatamento rispetto a partire ad esempio da Chame che sta già a 2650 metri. Non mi stancherò mai di dirlo: non sottovalutare la progressività nell’ascesa.

Io sono partito da Ngadi, qualche chilomtero più a nord di Besisahar, ma solo per motivi di tempo/logistici. Sono saltato su un bus locale che in un’ora di strada accidentata percosa quasi a passo d’uomo mi ha portato a Ngadi e da li ho tirato dritto fino a Jagat tutto per sentieri. Una delle tratte migliori di tutto il circuito.

Ripeto: non dare retta a chi vi dice che è solo strada trafficata, in questa prima parte la strada può essere bypassata completamente o quasi, basta seguire le indicazioni rosso/bianco oppure usare una delle tante app. O una mappa, se siete old school.

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2. Dove finisco? Non scappare subito da Muktinath con una jeep, arriva almeno fino a Marpha!

La questione sul dove finire è ancora più dibattuta che su dove cominciare, perchè qui la strada che hanno costruito è più invasiva e molesta. La stragrande maggioranza delle persone e dei tour organizzati finsce a Muktinath, cioè subito dopo i passo. Personalmente ho camminato da Muktinath a Kagbeni (via Jhong, bellissimo trek di 4 ore), prendendo poi un mezzo fino a Marpha (30 minuti) per bypassare l’orrenda tratta su strada polverosa e ventosa fino a Jomson.

Alcuni proseguono fino a Tatopani dove ci sono le terme (altri 2-3 giorni di cammino), ma i pareri sono discordanti: c’è chi dice che sono tratte comunque piacevoli e appaganti con belle vedute, c’è chi dice che ti ritrovi spesso per la strada perchè alcuni ponti sono crollati, c’è chi dice che non ne vale la pena (le guide locali ti diranno questo, ma per pigrizia e/o abitudine, visto che i tour organizzati saltano questa tratta).

Altra opzione (molto battuta) è prendere un bus fino a Tatopani e poi da li salire fino a Ghorepani e godersi l’alba a Poon Hill il mattino seguente, per poi prendere un bus fino a Pokhara. Non mi posso pronunciare, avessi avuto solo due-tre giorni in più forse avrei scelto questa opzione, m se avessi avuto una settimana aggiuntiva credo proprio che avrei camminato da Marpha.

Insostanza il mio consiglio è di arrivare se non altro fino a Marpha, la perchè la zona del Mustang merita almeno una giornata di cammino: è davvero un altro mondo. Camminerai in una ambiente desertico profondamente diverso da quello visto dall’altra parte del passo: arido, desertico, drammatico, intriso di una vibrazione tibetana del tutto inedita.

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4. Come funzionano i NATT trails? 

Se hai già iniziato a studiare l’Annapurna circuit saprai dell’esistenza dei NATT (New Annapurna Trekking Trails), sentieri nati per bypassare la strada costruita letteralmente sopra i vecchi tracciati. La cosa è un po’ confusionaria, nel senso che NATT potrebbe indicare sia un sentiero che (appena può) bypassa la strada ed è diventato il sentiero ufficiale (in questo caso segnalato con bandierina bianco/rossa tipo CAI), sia una deviazione che ti fa fare un trail alternativo o un side trek che porta a un luogo fuori tracciato (in questi due casi la bandierina è bianco/azzurra). Sì, è un po’ fatto a cazzo, ma alla fine funziona.

Quello che però voglio farti capire è che di solito un NATT trail, specie se segnalato in bianco/azzurro, ti fa fare un giro più lungo e faticoso, con escursioni altimetriche e distanze maggiori: il mio consiglio è quindi controllare con una app (tipo mapy.cz) o una mappa cartacea le curve di livello e valutare di volta in volta se hai tempo e energie per scegliere questo percorso.

Non ti disperare, te la metto più semplice possibile: se segui le bandiere bianco/rosse non sbaglierai (anche se a volte ti farà camminare un po’ su strada), mentre sulle bianco/azzurre valuterei con più attenzione. Naturalmente questo dscorso non vale per i side trek: se vai a Tilicho Lake o Ice Lake dovrai per forza seguire una bandiera bianco/azzurra.

Un esempio: dopo di Ghermu per arrivare a Jagat puoi passare per Syange (strada, poi bosco e poi ancora strada, tutto segnalato con bandiera bianco/rossa) oppure prendere un NATT segnalato in bianco/azzurro che bypassa completamente la strada passando per altri villaggi più in quota, obbligando però a un grande dislivello che richederà almeno un’ora in più e tanta energia addizionale.

Puoi trovare dettagli sui NATT trails in questo libro.

4. Guida o non guida? 

Intanto la guida non è affatto obbligatoria come qualcuno dice. C’è una legge in tal senso, ma non è mai entrata in vigore. Quindi punto primo: nessun obbligo, almeno a novembre 2024. Punto secondo: la guida da un punto di vista tecnico non serve. Tutto il percorso è ben segnalato, è impossibile perdersi, i villaggi sono ovunque e mai troppo distanti. Se hai paura dell’altitudine decidi tu, ma l’altitudine si gestisce con il buonsenso, non con una guida.

Tra l’altro: alcune guide sono totalmente controproducenti oltre che inutili… ho visto coi miei occhi una coppia di tedeschi licenziare in tronco una guida presa attarverso un’agenzia perchè non sapeva nulla del percorso, parlava un inglese pessimo, non aveva nemmeno le scarpe giuste. Va detto che ho incontrato altre guide preparate e equipaggiate di tutto l’occorrente per gestire eventuali emergenze: quindi, se proprio senza guida non ti senti in pace, cerca molto attentamente e assumi solo gente referenziata. Chiaramente una guida preparata può arricchire la tua esperienza, dandoti informazioni sull’ambiente, sulla toponomastica e sulla cultura locale che richiederebbero studio e preparazione da parte tua: la scelta sta a te, ma devi scegliere bene o farai solo danni.

E il porter? Qualcuno lo giustifica dicendo che così facendo si aiuta l’economia locale, io sinceramente non condivido affatto perchè credo che il trekker avveduto e responsabile la sostenga comunque in mille modi: pernottando, mangiando e facendo girare l’economia dei villaggi e dei trasporti. Non serve comprare servizi inutili dettati dalla pigrizia che edulcorerebbero una genuina esperienza. La montagna è faticosa, se la vuoi facile vai al mare.

Ma poi: se sei in salute, perchè vuoi pagare un povero cristo per portarsi in spalla la tua roba? Se non sei in salute, perché vuoi salire a 5416 metri?

5. Zaino: attenetevi all’essenziale. 40 litri vi devono bastare!

Questo è un consiglio vitale: ogni grammo di troppo lo maledirete prima di quanto credete. Io ho dedicato parecchio tempo a costruirmi lo zaino ideale per questo trekking, arrivando ad avere tutto l’occorrente in 40 litri x 8 kg (esclusa acqua). Il tutto nel formato bagaglio a mano, dettaglio che mi ha permesso di evitare uno dei rischi più sottostimati e letali… quello che la mia roba venisse persa in aeroporto. E vi assicuro che succede!

Se vi sembra un formato sfidante, ebbene lo è: ma si può fare e anzi se c’è una cosa che va fatta, è proprio questa. Ecco cosa c’erano in questi 40 litri x 8g:
– sacco a peolo Ferrino Lightec (1,1 kg)
– 4 mutande, 4 calzini (2 merino, 1 termico, 1 casual)
– 3 t-shirt tecniche (una a maniche lunghe)
– 1 pantalone trekking autunnale (con quello estivo ci sono partito)
– 2 pile (uno più leggero, uno più pesante)
– 1 maglia termica per la notte (e per il giorno del passo)
– 1 calzamaglia termica per la notte (e per il giorno del passo)
– piumino ultraleggero (-5)
– guscio antivento
– una bandana (utilissima)
– guanti invernali + guanti estivi da trekking
– cappello in lana
– un poncho + un paio di pantaloni antipipioggia (le uniche cose che non ho usato!)
– un paio di infradito
– una pila frontale
– powerbank
– e-reader (non portate carta, la carta pesa!)
– caricatore cellulare
– pochette decathlon ultra compatta con medicine (ibuprofene, antibiotici, toradol) + spazzolino, dentifricio, tappi orecchie, mascherina, deodorante + kit medicazione (cerotti e salviette disinfettanti)
– crema solare 50
– occhiali da sole
– federa cuscino

Tip: per ottimizzare gli spazi ho usato le sacche impermeabili della Decathlon, che oltre a proteggere dalla pioggia comprimono molto. Mai più senza.

6. Sacco a pelo? Per me è sì

Anche questo è un dibattito eterno. I detrattori dicono che le coperte bastano e che potete chiedere sempre una coperta extra se proprio non ce la fate. In alta stagione però la seconda coperta potrebbe non essere disponibile, e diciamocelo: le coperte sono spesso luride. Idem per le lenzuola e i cuscini.

Quindi il mio consiglio è: portati un sacco a pelo, sempre, e risparmia peso sul resto (vedi capitolo zaino). L’ideale è averlo leggero e con una comfort zone di almeno 3 gradi e una limite di -2. Io avevo un Ferrino Lightech da 1,1kg (+3, -2) che in combinazione con la coperta nelle notti più fredde mi ha fatto dormire notti confortevoli anche oltre i 4400 a inizio novembre, quando fuori era precipitato tutto sotto lo zero.

Il vero trucchetto è però avere anche una borraccia piena d’acqua calda da infilare dentro al sacco: credimi, non esiste benedizione milgiore per quanto riguarda le nottate gelide in alta quota. In definitiva: uno strato termico come pigiama + sacco a pelo + coperta + borraccia d’acqua calda = sei a cavallo.

6. Dove trovo acqua potabile? Pasticche, borracce filtranti, safe water station

Ve lo dico subito: le safe water station sono poche. Rimangono pasticche da sciogliere e borracce filtranti tipo LifeStraw. Io ho usato una LifeStraw e devo dire che mi sono trovato benissimo: semplicemente riempivo da fontane che trovavo nei villaggi e bevevo senza dover aspettare come avrei dovuto fare con le pasticche. L’acqua in bottiglia si trova ovunque, ma il Nepal non ricicla e c’è un reale problema di smaltimento plastica (lo vedrai coi tuoi occhi): quindi questa soluzione non la considero nemmeno.

8. Dormire a Thorong Phedi o all’High Camp prima del passo?

Un’altra eterna questione: io dico Thorong Phedi tutta la vita. Dormire a 4450 non è come dormire a 4900. L’unico contro di Phedi è che dovrai farti di prima mattina il dislivello fino a High Camp, ma sai cosa? Tutte pippe mentali: se qualcuno ti dice che da Thorong Phedi ti toccherà partire di notte perchè dovrai arrivare al passo entro le 10, rispondigli che partendo alle 6 hai tutto il tempo di farlo.

Io mi ritengo in forma decente, ma non sono certo un atleta: sono partito alle 6 (quindi con la luce) e alle 6.50 ero all’High Camp, alle 9.15 al Thorong La. Non mi sono certo messo a correre, ho semplicemente mantenuto un passo costante con poche soste. d ongi modo, la maggior parte della gente ci mette 4 ore, quindi ancora una volta nessun motivo per partire al buio, nessun motivo per dormire poco e male all’High Camp al gelo dei 4900 metri. Non farti fregare.

9. Tilicho lake sì, tilicho lake no? Assolutamente sì!

Se ne sentono di tutti i colori sul Tilicho lake (o Tilicho Tal), trovo che sia assolutamente esagerato quanto se ne dice in termini di pericolosità, almeno in assenza di ghiaccio. L’ascesa al lago è dura, su questo non c’è dubbio, d’altronde è un muro di quasi 800 metri di dislivello dai 4150 del base camp ai 4950 del lago. Ma la tanto temuta parte delle scree slopes (area franosa) è molto più larga di quanto si possa credere, basta passarla la mattina quando non c’è vento e la temperatura è ancora bassa per minimizzare il rischio di caduta massi.

Eccole, le scree slopes:

Nepal, Annapurna circuit: consigli e cose che avrei voluto sapere prima di partire

Ci sono diversi modi di modulare questo side trek, quello che segue per me è il migliore:

Giorno #1: Manang (o Khangsar o Braka) – Tilicho base Camp
Giorno #2: Tilicho Base Camp – Tilicho lake – Tilicho Base Camp
Giorno #3: Tilicho Base Camp – Shree Kharka – Yak Kharka (via Upper Khangsar)

Perchè il migliore? Almeno per 4 motivi:
1) distribuisce bene le distanze nei 3 giorni
2) garantisce un acclimatamento migliore in vista del passo perchè prevede due notti al Tilicho Bse Camp che sorge a ben 4150
3) permette di passare le scree slopes sempre al mattino
4) permette di andare al lago senza fare alzatacce. La stragrande maggioranza della gente alle 4/4.30 è fuori a brancolare nel buio glaciale per vedere l’alba al lago. Alba che sarà freddissima e affollatissima, ameno in alta stagione. Anche qui non farti fregare: parti per le 7/7.30 e goditi il lago in santa pace, quando tutti stanno ormai scendendo. Sarà forse un po’ più ventoso o un po’ più coperto (soprattutto se arrivate dopo le 12.00), ma non dovrai fare a cazzotti per un centimetro quadrato e non sarai partito di notte a temperature improponibili. Parti all’orario indicato e statisticamante le condizioni meteo dovrebbero assisterti (naturalmente controlla sempre la sera prima cosa dicono le previsioni!)

NOTA: non andare al Tilicho senza aver fatto le due canoniche notti di acclimatamento nei dintorni Manang (oltre a Manang soste alternative possono essere Ngawal, Braka o Khangsar): il pericolo di incappare in forme più o meno gravi di mal di montagna è concretissimo (visto nepalese intubato coi miei occhi).

Nepal, Annapurna circuit: consigli e cose che avrei voluto sapere prima di partire

10. Ce la farò a superare il passo? Soffrirò di mal di montagna? Morirò?

A questa domanda non si può rispondere, e purtroppo nell’ottobre 2014 sono morte 43 persone sul passo durante una tempesta (non ti allarmare, è stato un caso limite dove sono state ignorate alcune basilari norme di sicurezza). A mio avviso non è un trekking per tutti, ma non tanto per la difficoltà del circuito in sè stesso: il terreno non è mai troppo tecnico, non si cammina in zone remote, non ci sono problemi di navigazione, c’è sempre un villaggio a poca distanza che permette di salire con gradualità. La difficoltà risiede nella gestione dell’altitudine in primis (fisica e talvolta psicologica) e nel disagio che giorno dopo giorno bisogna essere disposti a sopportare.

Non è un trekking sulle Dolomiti, dove torni in albergo e hai doccia bollette, camera calda linda e pinta o addirittura una spa che ti aspetta: c’è da adattarsi, giorno dopo giorno, soprattutto nella notte che precede il passo che sarà fredda e scomoda. Ma diciamocelo: non è nemmeno un wilderness trekking da fare in tenda con materiale da campo sul groppone, quindi nel complesso è ben abbordabile da chiunque abbia buona volontà, forma fisica ragionevole e sappia organizzarsi uno zaino funzionale che sarà ‘la sua casa’ per una paio di settimane.

Chiaro, le cose che possono andare storte sono tante: mal di montagna, intossicazione alimentare, batteri vari (una persona che camminava con me ha contratto una fortissima congiuntivite ed è dovuta tornare a valle) e possibilità di infortunio sono sempre in agguato. Ma mi ripeto, è soprattutto l’altitudine che va gestita e addomesticata con criterio, tenendo bene a mente le prescrizioni, sapendo leggere i sintomi e agendo di conseguenza. Nella mia guida Mal di montagna: sintomi, prevenzione e rimedi contro un nemico invisibile trovi diverse indicazioni utili per sfangarla al meglio.

In definitiva credo che nessuno possa dirsi sicuro al 100% di arrivare dall’altra parte, ma chi è in forma fisica decente, ha buona motivazione e si attiene alle norme sull’alta montagna mette le probabilità sicuramente dalla sua parte.

Per ora è tutto, se mi viene in mente altro integrerò. Potete trovare il racconto del mio Annapurna Circuit qui.

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Annapurna circuit 2024: Racconto di viaggio

Link esterni

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Guida Annapurna circuit (ITA)

 

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Daniele ERMES Galassi

Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!

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