Breve cronistoria con divagazione antropologica degli ultimi tre giorni.
Tappa 2: Jagat – Dharapani (16 km)
Cambio drastico di scenario con la foresta subtropicale che la fa sempre più da padrona. Fatico a bestia sotto il sole che non molla un colpo, arrampicandomi come una capra per crinali tutto meno che accondiscendenti.
Pittoresca la salita lungo il fiume fino a Dharapani, peccato sia toccato farla su strada polverosa perché un ponte è crollato nel disastro monsonico di tre settimane fa. Giornata faticosa, intensa, varia e appagante.
Pieno di ventenni col porter (cioè gente nel pieno delle forze che paga un poraccio 25 dollari al giorno per farsi carreggiate lo zaino da 80 litri su e giù per l’Himalya mentre se ne vanno in giro senza pensieri con lo zainetto da mare). Io davvero non li capisco e li condanno al più rovente dei roghi morali. I peggiori in assoluto: gli israeliani. Ma su loro tornerò di sicuro.


Tappa 3: Dharapani – Charme (16 km)
Altro cambio, si entra in mood alpino. Anche l’aria diventa meno bollente, addirittura frizzante nei tratti ombrosi. Si alternano strada e sentieri, poco il traffico veicolare, piuttosto faticoso ma meno dei giorni precedenti. Forse le gambe sono entrate a regime o forse sono morto e non lo so (e quindi non sento più niente).
Si cominciano a vedere i pezzi grossi, come il Manaslu (8163!) che riempe gli occhi se ti fermi a guardare il cielo a Timang.
Al rogo morale quelli che camminano con la cassa Bluetooth che diffonde a tutto volume musica invariabilmente di merda. I peggiori in assoluto in questo campo? I dannati israeliani, ma ci tornerò più avanti.
Tappa 4: Charme – Upper Pisang (15 km)
Inizia lo show degli Annapurna in un crescendo di rossi e gialli autunnali. Questi giganti che ballano attorno agli 8.000 fanno capolino all’improvviso e poi ti accompagnano passo dopo passo mentre sali di quota fino ai 2850 di Chame. Uso il plurale perchè sono quattro: Annapurna I, II, III, IV. Io non ci azzecco mai:
‘Annapurna II, vero?’
‘No, III’!
‘Annapuna IV, giusto?’
‘No, II!’
E così via. Ci ho rinunciato e ormai li chiamo ‘Annapurna boh’. Upper Pisang sorge a 3300 metri e si inizia a sentire la ‘thin air’. Vedute strepitose sull’Annapurma boh e sulla valle dalla terrazza della guesthouse, mentre Indigo Airlines mi comunica con una mail contorta che il mio volo Kathmandu – Delhi è stato cancellato. Grazie Indigo.
Cerimonia al Gompa sovrastante il villaggio consigliata.
L’anatema del giorno va a quelli che schiassano nella hall comune della guesthouse, dove i poveri scarpinatori vorrebbero solo un po’ di quiete e relax. A chi va lo scettro? Naturalmente ai maledetti israeliani. Ma ci tornerò più avanti, porca puttana gli dedico una puntata speciale perché sono una cosa indecente e riescono a incanalare l’odio più puro anche dai monaci buddisti (e non faccio per dire).
Parafrasando una celebre trasmissione anni ’80:
NON SONO IO A ESSERE ROMPICOGLIONI, SONO LORO A ESSERE ISRAELIANI!


Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!