Comincio a fare i conti con l’altitudine. La notte passata a Upper Pisang (3300) si è fatta sentire con le prime apnee e i primi chiodi in testa. Tampono con ibuprofene 600.
Ma la giornata successiva è stata un highlight continuo: la tratta Upper Pisang – Braka va fatta assolutamente battendo la high route che bypassa la strada. Un lungo trekking che si snoda attorno ai 3700, coi giganti imbiancati che non ti mollano più, gompa (templi) sferzati dal vento, villaggi caratteristici imbastarditi dalle immancabili guesthouse con terrazze panoramiche che si aprono su vallate con cavalli e yak.
Non entro nei dettagli perché mi annoio prima io che voi e metto tre foto a caso tanto per, ma spendo due parole sul caffè più lungo della mia vita, giusto per intrattenervi mentre poltrite in ufficio.
Sono alle porte di Braka, con me c’è Roser, la spagnola (pardòn catalana, ci tiene) che avevo conosciuto un paio di giorni fa con l’iraniano, Ram, rimasto indietro nessuno sa più dove. A proposito di Ram, ovunque egli sia, lui dice che la guerra di questi giorni è tutta una farsa e che in Iran nessuno la prende sul serio. Siamo noi europei a esagerare i toni di ogni cosa perché abbiamo bisogno di paranoie. Punto di vista interessante.
Ma torniamo al caffè. Concordo con Roser un break veloce. Ci fermiamo in un posto a caso, io ordino un espresso con latte (lo fanno tutti buonissimo) e lei qualcos’altro. Per il mio caffe ci vorrà un po’, mi avvisa impacciata la padrona di questo enorme complesso in legno, nuovo di zecca e con zero ospiti.
Passando dieci, venti minuti, mezz’ora. Chiedo gentilmente spiegazioni: la macchinetta era spenta perché non c’è elettricità, la stanno portando a temperatura con la bombola del gas. Il marito è tronfio di orgoglio quando mi mostra la fiamma che arde dentro la Bialetti.
Vedi la fiamma? Tra poco, tra poco!
Sì, hanno acceso tutto il marchingegno per fare UN caffè, segnando un tempo finale di 47 minuti. Segue detonazione di gioia e sincera euforia quando dico che il caffè più lungo della mia vita merita una foto.
Ho capito che in Nepal è sicuramente più facile accendere gli entusiasmi che una cazzo di macchinetta del caffé.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!