‘Trek high, sleep low.’
Questa è l’indicazione degli esperti per evitare il maledetto mal di montagna: andare a dormire più in basso di dove si è arrivati in giornata.
In piena ottemperanza a questo precetto il piano di oggi prevede di partire di buon’ora da Braka (3460), arrampicarsi a Praken Gompa (4000) e poi andare a dormire a Khangsar (3770).
Praken Gompa è un santuario abbarbicato sopra Manang, per arrivarci non è per niente una passeggiata della domenica essendo roba tipo 450 metri di dislivello in 3 km. Un muro.
Al Praken Gompa si andava storicamente per ricevere la benedizione da un monaco, mi pare tale Lama Tashi, che per qualche spiccio ti sussurrava una parola buona per superare il Thorong La a 5416 metri, il passo con cui tutti si dovranno misurare facendo l’Annapurna circuit.
Il vecchio lama da quel che so è però scomparso prematuramente all’età di 98 anni, lasciando alla figlia il compito di benedire i trekker.
Sono anche oggi con Roser la catalana, che entra per prima nel piccolo santuario pieno di cimeli, foto, candele e ammennicoli di ogni sorta. Arriva la benedizione per il Thorong La e come bonus pure per il Tilicho lake, tappa opzionale piuttosto impegnativa che abbiamo intenzione di fare. A suggello del rituale, la figlia del monaco (che non so con che appellativo chiamare esattamente) mette una collana al collo della benedetta e la benedetta mette qualche centinaio di rupie in una scatoletta. Affare fatto. Stessa procedura con me.
La vista da Praken Gompa è maestosa, scendiamo con tappa snack verso Manang e compriamo micro spikes (in caso nevichi al Thorong), e l’occorrente per uno spuntino a base di salame e formaggio di Yak, che prima di affrontare un ponte sospeso è lo snack l’ideale.
Passiamo Gangspurna lake e ci dirigiamo verso Khangsar, dove arriviamo che fa un freddo boia che ti trapana le ossa.
Mi rintano in camera mia, gelida come una cella frigorifera, e comincio ad avere sintomi di mal di montagna sempre più netti: mal di testa e rincoglionimento generale, morale basso. Nel freddo polare della notte fantasmi fibrillano nella mia mente:
‘Se non mi passa è forse il caso di saltare Tilicho lake?’
‘Cosa faccio se peggioro? Torno indietro come fanno in tanti?’
‘E se peggioro proprio prima del passo? E se sto male sul passo?
‘Prossimo anno Caraibi!’
Sarà una lunga, gelida, notte di merda a Khangsar, con la sveglia puntata come sempre alle 6 e una borraccia piena di acqua calda nel sacco a pelo come unico ma formidabile conforto.
Daniele ERMES Galassi
Zaino in spalla, mani sul volante, casco in testa: vale tutto. Andale!